Cronache

"Ecco la lista dei putiniani italiani". I nomi dei filorussi nel mirino del Copasir

Il Corriere della Sera pubblica la lista dei nomi dei "propagandisti" di Putin che sarebbero finiti nelle carte dell'intelligence italiana

"Ecco la lista dei putiniani italiani". I nomi dei filorussi nel mirino del Copasir

Decine di giornalisti, influencer ed opinionisti nel mirino dell’intelligence italiana: l’accusa è quella di essere ingranaggi della macchina della propaganda di Mosca, che punta a condizionare l’opinione pubblica del nostro Paese sul conflitto in Ucraina. Secondo le giornaliste del Corriere della Sera, Monica Guerzoni e Fiorenza Sarzanini, l’indagine conoscitiva del Copasir "sulle forme di disinformazione e di ingerenza straniere, anche con riferimento alle minacce ibride e di natura cibernetica" sarebbe ormai a buon punto. E nei dossier del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica sarebbero finiti i nomi di blogger e opinionisti considerati "putiniani", ma anche canali e meccanismi su cui si regge la disinformazione.

L’obiettivo principale è quello di "orientare le scelte del governo" e "boicottarle" attraverso una rete articolata di "lobbisti". Secondo il Corriere, il dossier del Copasir evidenzierebbe come la controinformazione si attivi nei momenti cruciali, come ad esempio il voto dei decreti per l’invio di armi a Kiev. A ridosso del 18 marzo, data dell’approvazione del primo provvedimento per inviare materiale bellico all’esercito ucraino, ad esempio, viene notato l’attivismo su Twitter di Maria Dubovikova, analista russa da 40mila follower basata a Francoforte, che accusa il rappresentante diplomatico italiano presso l’Ue, Pietro Benassi di aver portato armi a Mariupol usando l’immunità diplomatica. Sempre in corrispondenza degli appuntamenti parlamentari per l’invio delle armi sono diversi account considerati "filorussi" a scagliarsi contro il governo. Le accuse rivolte al premier Mario Draghi sono quelle di agire senza il "consenso del popolo" e di mettere a repentaglio la sicurezza nazionale ed energetica del Paese per "l’ambizione di diventare segretario generale della Nato".

Tra i nomi finiti nei dossier del Copasir c’è anche quello del fotografo Giorgio Bianchi, che per gli 007 italiani perseguirebbe in Ucraina "finalità di attivismo politico-propagandistico filorusso". Il giornalista freelance è seguitissimo su Telegram, dove il suo canale Giubbe Rosse può contare su oltre 100mila seguaci. Alberto Fazolo, economista ed ex combattente nel Donbass sarebbe accusato invece di prendere di mira dai salotti televisivi i battaglioni ucraini per le loro simpatie neonazi. "Compassione per i servizi d'intelligence costretti a fare certe cialtronate", commenta via Twitter le indiscrezioni pubblicate sul Corriere. Nel dossier finiscono anche giornalisti e reporter che hanno raccontato la guerra sul campo per le tv italiane, come Maurizio Vezzosi, 32enne inviato in prima linea. In particolare, i suoi post sui social. Tra questi, quelli in cui sostiene che "molti ucraini pensano che Zelensky sia responsabile della situazione".

Un’altra tesi che circola sui canali "filorussi" è quella del presunto attacco "anglo-americano" a Russia e Ucraina pianificato nel 2019. A sostenerla è anche Manlio Dinucci, geografo 84enne, attivista per il No alla guerra e alla Nato. Tra i suoi seguaci c'è anche il celebre professor Orsini. La macchina della controinformazione, secondo le carte del Copasir, si sarebbe messa in moto anche sul caso di Vito Petrocelli, l’ex capo della commissione Esteri del Senato, che votò no alla mozione per l’invio di armi a Kiev. A sostenere la scelta dell’allora senatore grillino di non dimettersi dalla presidenza della Commissione erano stati diversi canali, come quello dell’Antidiplomatico, sito vicino alle posizioni del sottosegretario agli Esteri del M5S, Manlio Di Stefano, e dell’ex pentastellato Alessandro Di Battista. Il Corriere parla anche di una sospetta campagna di mail bombing verso gli account del Senato. "Erano indirizzi mail con nome e cognome di chi mandava quella mail e condivideva un appello. In alcuni casi c'erano anche le città di provenienza. Non credo fossero profili finti o hacker. Del resto non è la prima volta che succede. Ci fu una analoga campagna di mail bombing sulla proposta del Pd sullo Ius Soli, anche in quel caso durò alcune settimane", replica oggi lo stesso Petrocelli intervistato dall'Adnkronos, parlando di "neo-maccartismo dilagante".

Anche i giornalisti Laura Ru e Cesare Sacchetti sono accusati di dare voce alle tesi "filorusse". Lo stesso vale per Claudio Giordanengo, candidato per la Lega al comune di Saluzzo nel 2019, bollato come "putiniano" di ferro. Dal presidente del Copasir, Adolfo Urso, interpellato dall’Adnkronos, è arrivato un no-comment sulla lista dei filorussi. Non una conferma, dunque, ma neppure una smentita. "Stiamo facendo gli approfondimenti sulle forme di disinformazione e di ingerenza straniere. Siamo in attesa di alcune risposte rispetto alle nostre richieste", si è limitata a precisare la vicepresidente e deputata del M5S, Federica Dieni, sentita dalla stessa agenzia di stampa. L’elenco dei nomi "filo-Putin" pubblicata dal Corriere però fa discutere. Il direttore del Riformista, Piero Sansonetti, in un tweet parla di "lista di proscrizione" e di "vergogna per il giornalismo italiano".

E nel frattempo, è diventata un caso anche l’idea del giornalista Massimo Giletti, che ha scelto di condurre la puntata di stasera di Non è l’Arena, su La 7, dalla Piazza Rossa. Ospiti saranno industriali e personaggi della cultura che hanno rapporti con la Russia e, secondo le indiscrezioni, anche la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, oggetto di sanzioni da parte dell’Ue. E così l’eco dell'iniziativa del presentatore è arrivata anche a Bruxelles. "L'Ue non sanziona le persone per metterle a tacere ma per cambiare il loro comportamento – specifica una fonte della diplomazia europea all’Ansa -: se la trasmissione televisiva userà questa opportunità per controbattere le sue menzogne e la sua attività di disinformazione va bene; se al contrario le verrà data una piattaforma per diffonderle ulteriormente, questo si rifletterà sulla professionalità della trasmissione stessa".

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