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Ecco come si arriva al fondo del barile

Per far fronte all'alluvione in Romagna e Marche il governo deve "raschiare il fondo del barile"

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Per far fronte all'alluvione in Romagna e Marche il governo deve «raschiare il fondo del barile». È questa l'espressione che ha usato la premier Giorgia Meloni al ritorno dal viaggio nelle zone devastate e prima di varare il decreto che ha stanziato due miliardi per aiuti e ricostruzione. Una cifra che è meno della metà dei danni reali, stimati in almeno cinque miliardi.

Tutti noi italiani e tanti altri europei hanno visto in questi giorni le immagini di Cesena, Faenza, frutteti e fabbriche allagate e hanno letto le storie disperate di famiglie e imprese che hanno perso tutto e quelle strazianti delle 15 vite umane perdute. Allora, ieri, di fronte a tutto questo, c'era qualcosa che stonava. Una domanda che risuonava: perché per aiutare questi nostri concittadini, italiani ed europei, il governo è costretto a «raschiare il fondo del barile»? Il che, tradotto, significa andare a cercare chissà dove i fondi pubblici necessari per compiere un'azione umana ed elementare: aiutare chi è caduto a rialzarsi. Un Paese come l'Italia - che siede nel G7, è tra i membri fondatori dell'Unione europea e vanta l'ottavo Pil mondiale - non ha però la libertà di aiutare i suoi cittadini quando hanno bisogno. Possibile che per farlo lo Stato debba pensare a una lotteria, a un'emissione di francobolli o a un'asta per vendere le auto sequestrate dalle dogane?

La risposta, tecnica, è legata al debito: nella classifica del peggior debito pubblico dei Paesi industrializzati l'Italia è seconda solo al Giappone. Ma è ancora meno libera perché, avendo una moneta in comune con altri 19 Paesi europei deve sottostare a regole finanziarie che non le permettono autonomia monetaria. Se piove, lo Stato non può emettere titoli o banconote: è costretto a fare una tombola. Ma adesso le immagini della Romagna ci dicono che in questo sistema c'è qualcosa che non va. Non è possibile che uno Stato liberal democratico contemporaneo, per quanto indebitato, non sia in grado di aiutare i propri cittadini in difficoltà.

È vero: la pandemia del 2019 ha dimostrato che l'Europa ha trovato le risorse politiche per intervenire in aiuto dei più fragili ed è nato il Next Generation Eu, da cui per l'Italia sono stati stanziati i 190 miliardi del Pnrr. Ed è anche vero che gli italiani fanno fatica a usarli. Ma sarebbe sbagliato partire di qui per sostenere che Bruxelles ha già dato. Primo perché anche se i fondi del Pnrr non c'entrano con le emergenze e semmai servono a evitarle in futuro, in casi estremi come questi basterebbe poco per farli rendere al meglio, per di più a parità di debito futuro. Secondo perché nessun cittadino europeo colpito da una catastrofe come questa deve pagare per gli errori o le cattive abitudini di altri.

La pandemia ha mosso le acque della solidarietà europea. E l'emergenza idrogeologica, legata anche al cambiamento climatico, equivale a un'altra pandemia. Non riguarderà solo l'Italia. E da qui si può partire per porre questo tema in cima all'agenda del Patto di Stabilità e della prossima Commissione. Di lotterie straordinarie non ne vogliamo vedere più.

Non è dignitoso.

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