Sotto la Lanterna di Genova oggi parla più «il silenzio delle organizzazioni clandestine di matrice marxista-leninista» che il clamore della «potenziata effervescenza dell’universo anarco-insurrezionalista » ritenuto, fino a ieri, sinonimo di una minaccia eversiva «più vicina e diretta». Se le nuove (vecchie) Brigate rosse danno davvero segnali di rinascita, probabilmente ancora annaspano operativamente per la difficoltà a ristrutturarsi e ad attingere a quei «serbatoi» (evocati dalla pentita rossa Cinzia Banelli) pieni di gente potenzialmente interessata a passare dalla teoria alla pratica della lotta armata.
LA TEORIA E LA PRATICA
Non a caso l’ultima analisi del Ros dei carabinieri si concentra sui timidissimi segnali di un’ancora ipotetica ripresa della contrapposizione eversiva attraverso uno studio degli ambienti e delle tante sigle di riferimento, intrise di ideologia rivoluzionaria, affascinate da un ritorno ai tempi bui dei kalashnikov e delle P38. Testuale: «Anche escludendosi consensi di massa del passato, riaggregazioni di formazioni più contenute di matrice marxistaleninista potrebbero riproporre teorie e propositi basati sulla contrapposizione di classe aiutati da forti tensioni sociali alimentate dalla gravissima congiuntura economica ». Minuscole espressioni come «Per il comunismo Brigate Rosse », attivo tra Genova, Milano e Roma, oppure le «Cellule di Resistenza Proletaria - Nucleo Mario Galesi» uscite dalle indagini sull’attentato del 2010 all’Associazione nazionale carabinieri a Roma. Per non parlare delle improbabili «Brigate meridionali per la liberazione dell’Italia, nuove Br Sud», «Cellule di resistenza proletaria », «Movimento armato proletario», «Gap» e via discorrendo.
DUE ANIME, UNA SALDATURA
Quel che invece si dà per assodato è una «saldatura» fra due anime sin qui ideologicamente lontane e contrapposte - quella d’ispirazione marxista-leninista e l’altra anarchico/insurrezionalista per provare a dare vita a un’unica direttrice di «deriva violenta». Il riferimento è al già avvenuto salto di qualità degli anarchici «eversivi » della Federazione Anarchica Informale (Fai) capaci di passare dalla radicalizzazione della protesta di piazza alle azioni dirette contro i simboli del Male. Occhio ai già noti «postini esplosivi» e ai loro pacchi bomba recapitati alla sede nazionale di Equitalia a Roma, all’Ad di Deutsche Bank, in Germania, all’ambasciata greca a Parigi, firmandosi «Cellula Free Eat e Billy - Fai/Fronte Rivoluzionario Internazionale», a un’agenzia romana del Monte dei Paschi di Siena. Banche, crisi, tasse, multe, tagli occupazionali, articolo 18, sono i temi delle rivendicazioni talvolta deliranti e dettati - almeno così parebbe- da un’unica mano che via via firmerebbe in maniera diversa ( «Cellule Insorgenti Metropolitane», «Fai Solidarietà Internazionale», «Fai Brigata 20 luglio», «Fai Cooperativa artigiana fuoco e affini», «Fai Nucleo Rivoluzionario Horst Fantazzini», «Fai Rivolta Anonima Tremenda », «Fai Nucleo Anti sociale»). Così, per dare l’idea di un vasto consenso e una copiosa emulazione che in realtà non c’è.
FRONTE INTERNAZIONALE
Oltreconfine marcia il «Fronte Rivoluzionario Internazionale» alimentato da componenti anarchiche elleniche, spagnole, tedesche, italiane e sudamericane assemblato all’indomani delle linee programmatiche lanciate dalla «Cospirazione delle Cellule di Fuoco» greche. Strategie eversive che prevedono il «doppio ruolo» clandestino e ufficiale/pubblicodei componenti, la necessità di una «compartimentazione» per garantire all’organizzazione la massima sicurezza, l’innalzamento del livello di intervento auspicando sempre più «azioni dirette ». Non a caso gli obiettivi presi di mira sono comuni, tutti riferiti allo «strapotere economico finanziario » responsabile della «sofferenza delle masse». E non a caso il Ros sottolinea come una valutazione definitiva sulla possibilità che diventi «endemica» la degenerazione della «connotazione violenta delle manifestazioni di protesta» dipende essenzialmente dall’eventuale perdurare, e peggiorare, delle motivazioni del dissenso rispetto al particolare momento storico e all’escalation di rivendicazioni via via diverse.
GLI «INNESTI» NERI
I primi sentori di un allargamento non omogeneo «del fronte di dissenso» contro le azioni anticrisi del governo, hanno portato alla creazione di formazioni e movimenti non violenti come «forza d’urto», «occupy Wall Street», «il movimento dei forconi», gli «indignati », i «pastori sardi» a rischio infiltrazione da parte di schegge impazzite e violente dell’antagonismo e insurrezionalismo di piazza, lesti a mimetizzarsi nel movimento per provare «a catalizzare le espressioni del dissenso». Da qui partirebbe, anzi è già partita, la «strategia distruttiva» che approfitta di ogni occasione per dare sfogo agli «innesti» insurrezionalisti nei cortei (black bloc e simili) recentemente in sintonia con gli attacchi antisistema degli antagonisti (centri sociali, ex tute bianche etc) nelle campagne contro la costruzione di infrastrutture tipo la Torino-Lione, contro il nucleare,l’ambiente,la repressione, l’antimperialismo, le imprese di ingegneria genetica e via discorrendo. Al blocco violento, oltre ai segmenti anarco-insurrezionalisti di mezza Europa, sembrano aver aderito stabilmente numerose tifoserie ultras risultate ben amalgamate negli attacchi «mordi e fuggi» alle forze dell’ordine.
Blitz sfrenati frutto di «un’attenta regia e una precisa pianificazione » che avrebbero creato una forte suggestione tra i partecipanti alle manifestazioni in Val di Susa o a quella di ottobre a piazza San Giovanni, dando il là a numerosi e preoccupanti casi di emulazione anche da parte di manifestanti «senza significativi precedenti di militanza».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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