Cronache

Tra gli operai Ilva rassegnati che sperano in lieto fine

A Taranto il giorno dopo il disimpegno di ArcelorMittal, regnano rabbia e paura. La mobilitazione dei sindacati

Tra gli operai Ilva rassegnati che sperano in lieto fine

"In fabbrica tira l'aria di sempre, ormai ci siamo abituati a sentirne di tutti i colori. La mossa di Arcelor Mittal sarà il solito bluff per ottenere qualcosa e quindi siamo alle solite: il ricatto occupazionale. Arcelor Mittal secondo me sta provando questa carta per ottenere dal governo quello che vuole (cioè lo scudo penale, ndr)".

È il commento, fatto a IlGiornale.it, di uno degli operai dello stabilimento siderurgico di Taranto, il più grande d'Europa, che da ieri è in fermento dopo la lettera di recesso dal contratto da parte di Arcelor Mittal. Venuta meno, infatti, l'immunità penale (secondo cui chi inquina non rischia di andare dinanzi ai giudici, ndr) gli ultimi proprietari dell'ex Ilva hanno deciso di lasciare la fabbrica che rischia, così, di tornare sotto regime commissariale o rischierebbe di chiudere. Tenerla aperta con un piano ambientale consono alla tutela della salute dei cittadini costerebbe troppo allo Stato.

"Arcelor Mittal lo aveva detto più di un mese fa che senza scudo penale sarebbe andata via da Taranto. Gli amministratori delegati hanno solo confermato quanto già annunciato tempo addietro." ha commentato, al Giornale, Antonio Talò della Uilm che ha continuato: "hanno distrutto una azienda, si sono presi le quote di mercato dell'ex Ilva e hanno mandato all'aria l'economia non solo di Taranto, ma di un'intera nazione". La posta in gioco è alta. Se la fabbrica dovesse rimanere aperta dovrebbero essere realizzati degli investimenti di messa a nuovo degli impianti, ma se dovesse chiudere lo Stato perderebbe 24 miliardi di euro, secondo le previsioni dello Svimez, l’Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno. Ci sarebbero riflessi anche sul prodotto nazionale lordo: ci sarebbe una perdita dell'1,4 per cento del Pil.

"È l'ennesimo ricatto che ci stanno facendo e lo stato abboccherà di nuovo e ci venderanno come schiavi. Purtroppo non abbiamo più un Governo che difenda i nostri diritti. C'è qualcun'altro che decide le nostre sorti e a cui il nostro Governo sembra obbedire. Ho paura come tutti di perdere il lavoro, abbiamo famiglia, ma se dobbiamo essere ancora ricattati o se dobbiamo scegliere tra la vita e la morte, io scelgo la vita e a questo punto è meglio chiudere la fabbrica e non prendersi più in giro." ha ribadito un altro operaio della fabbrica.

Ancora una volta sembrano svanire le illusioni e la speranza (parola tanto cara quanto beffarda) dei tarantini e di chi ci lavora. "I cambi di rotta non servono più, anzi peggiorano le cose" ha commentato alla stampa Biagio Prisciano, segretario generale aggiunto della Fim Cisl di Taranto-Brindisi.

Dalla stessa parte degli operai e dei sindacati è Antonio Marinaro, presidente di confindustria di Taranto. "La decisione di lasciare lo stabilimento siderurgico di Taranto assunta da Arcelor Mittal in ragione di quanto comunicato da Lucia Morselli, l'amministratore delegato della società franco-indiana, è di una assoluta gravità perché delinea uno scenario, per l’intera comunità jonica, a dir poco disastroso."

Intanto l’amministratore delegato Morselli scrive in una nota che "non è possibile gestire lo stabilimento senza queste protezioni, e non è possibile esporre dipendenti e collaboratori a potenziali azioni penali, pertanto AM InvestCo e le Società Controllate hanno inviato una comunicazione richiedendo ai Commissari di Ilva S.p.A. in A.S. di riassumersi entro trenta giorni la responsabilità della gestione delle attività del gruppo Ilva attualmente cedute in affitto."

Nel frattempo, fanno sapere dall'amministrazione Arcelor che sarà necessario attuare un piano di sospensione di tutte le attività produttive a cominciare dall’area a caldo dello stabilimento di Taranto, "che è la più esposta ai rischi derivanti dall’assenza di protezioni legali". Anche le attività di tutti gli altri reparti e aree operative saranno progressivamente sospese.

Intanto i sindacati annunciano: "Lo sciopero è l'unica arma che abbiamo" e sono pronti a scendere in piazza.

Per Taranto, quindi, si aspetta un'altra stagione calda anche se i nodi che pendono su una città che porta su di sé il peso dell'economia nazionale, sono sempre lì: ricatto occupazionale e tutela della salute.

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