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Fanno i solidali con le nostre tasse

Chi si oppone al dl Sicurezza dovrebbe spiegare con quali soldi pensa di pagare i costi del "nobile atto" umanitario

Fanno i solidali con le nostre tasse

I sindaci delle varie specie, di sinistra e dei 5 stelle o fuoriusciti, che s'oppongono alla legge sulla sicurezza sostenendo che essa è incostituzionale e anti umanitaria, si sono dimenticati di chiarire con quali soldi pensano che si debbano pagare i costi del loro «nobile atto» di rifiuto. E, purtroppo, la spesa, sarebbe a carico dello Stato, con nuove tasse e deficit statali o con nuovi ripiani dei debiti dei servizi sanitari e nuovi soldi agli enti locali o nuovi loro debiti, scaricati sulla legge di bilancio. Oppure i Comuni potrebbero farsi carico degli atti umanitari che mancano nella Legge sicurezza di Salvini con economie di bilancio, aumentando le tasse locali. La Legge sicurezza, che questi sindaci si ostinano a chiamare decreto, come se non fosse emanata dal presidente della Repubblica - che ha il potere di rimandare le leggi alle Camere, quando ritiene che esse violino la Costituzione in modo palese - restringe i casi in cui gli immigrati hanno diritto di asilo, a quelli che sono tali secondo le norme internazionali sui profughi, a cui l'Italia ha aderito; stabilisce che possono avere la «residenza» in un dato comune, solo se vi abbiano un domicilio, non concede agli immigrati irregolari che ci sono in Italia diritti eguali a quelli dei regolari. In particolare, ciò emerge con chiarezza nel caso specifico dell'articolo 13 della legge Salvini, che secondo Leoluca Orlando, sindaco di Palermo, sarebbe incostituzionale. Secondo questo articolo il permesso di soggiorno rilasciato ai richiedenti asilo è un documento di riconoscimento che - a differenza di quanto avvenuto in passato dà diritto alla residenza solo se il richiedente ha un domicilio, che indica, nel comune. In pratica ciò impedisce, a chi non rientra nei casi di diritto d'asilo specificati dalla legge e non ha un domicilio, di avere la carta di identità del comune e non consente ai minori di frequentare scuole pubbliche, di iscrivere la famiglia al servizio sanitario nazionale, di concorrere alle case popolari e a tutti gli altri benefici che hanno i residenti, quando i comuni funzionano in modo efficiente. Il che ovviamente implica che i senza fissa dimora non potranno avere questi servizi. Inoltre la legge Sicurezza restringe i casi in cui può esser riconosciuto il diritto alla residenza degli immigrati non aventi diritto all'asilo, rispetto all'attuale caotica prassi. Ed ecco così che il sindaco progressista di Milano Sala obbietta che bisognerebbe aumentare i casi di diritto di asilo ed inoltre garantire la stessa tutela di chi ha un tale diritto, anche ai nuclei familiari vulnerabili, termine che si presta a molte diverse interpretazioni. Poi lui, come altri sindaci che protestano, aggiunge che «più persone saranno per strada senza vitto e alloggio, più saranno i casi di cui noi sindaci dovremo prenderci cura». E, detto con eleganza, come si addice al sindaco della capitale morale dell'Italia, ma vuol dire, in pratica che, secondo Sala, bisogna mettere nei Centri di accoglienza pagati dallo Stato tutti i clandestini che sono arrivati illegalmente.

I sindaci che contestano la legge Sicurezza sarebbero più credibili se si dedicassero all'assistenza agli immigrati, al di là di ciò che riesce a fare questo nostro Stato, sovraccarico di debiti e problemi: per esempio dando una occupazione a quelli irregolari giovani che mendicano mentre sarebbero in grado di fare lavori come pulire bene le strade e i parchi o altri servizi a cui possono essere addestrati.

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