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Il finto derby con gli olandesi

Ci stanno provando i social in tutti i modi a creare un nuovo nemico nazionale per compattare il Paese o, più modestamente, indicare il bersaglio mediatico da colpire nel rito dello sfogatoio collettivo

Il finto derby con gli olandesi

Ci stanno provando i social in tutti i modi a creare un nuovo nemico nazionale per compattare il Paese o, più modestamente, indicare il bersaglio mediatico da colpire nel rito dello sfogatoio collettivo. Durerà lo spazio di un temporale estivo l'odio costruito a tavolino contro l'Olanda, additata come l'affamatrice dell'Italia nella trattativa fiume per il Recovery Fund. Gli analisti improvvisati da tastiera stanno enfatizzando tutte le suggestioni possibili per imbastire un inedito derby di civiltà Italia-Olanda da perpetuare e declinare anche nella versione politica, oltre a quella semplicemente calcistica. Ci si indigna per i paradisi fiscali dei Paesi Bassi, si propone di bandire il Leerdammer dalle nostre tavole, si gioca con il calembour da osteria sul fragoroso Rutte del premier olandese che ci seppellirà. Le reazioni sono il solito déjà vu che suscita ogni tema di giornata: arrabbiature a comando che si stemperano in un pomeriggio, sorrisini divertiti di fronte a una battuta piuttosto arguta, anche una bella alzata di spalle con chissenefrega incorporato.

L'Olanda è lontana per gli italiani, non solo geograficamente ma soprattutto dal punto di vista storico e culturale. Non è la Francia o la Germania con cui ci meniamo da secoli, intervallando prosperi decenni pacifici a sanguinose guerre con invasioni. Dal 1945, il più lungo periodo in Europa senza conflitti bellici tra Paesi membri, è stata delegata al pallone la metafora delle battaglie da combattere virtualmente senza spargimento di sangue. Italia-Olanda è un inciampo estemporaneo, un tabellone eliminatorio degli Europei, a parte l'epica sfida del 2000 che vide la Nazionale di Zoff superare in semifinale gli Orange ai rigori.

Gli eterni derby da rivivere e tramandare resteranno sempre con i tedeschi e i francesi: il leggendario 4-3 dei mondiali di Messico '70 e la testata di uno Zidane frustrato e sconfitto a Berlino nel 2006 come emblema dell'orgoglio italico che sa come vendicarsi di sfottò, vignette infami e offese antropologiche.

Questa Italia-Olanda del 2020, con le rappresentative allenate da Conte (Giuseppe) e Rutte (Mark), è già archiviata senza polemiche che si trascineranno per l'eternità. I fondi Ue sono arrivati o, meglio, affluiranno nei prossimi mesi quando l'attenzione si sarà stemperata o catturata da qualche altro conflitto quotidiano. L'Aja resta una capitale enigmatica e il premier olandese Rutte non è un Cruijff che ci emozionerà per decenni.

La bulimia dei social già da oggi si nutrirà di altro.

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