Cronache

Firenze, l'islam entra in Duomo: canti che inneggiano il Corano

Serata interreligiosa nella cattedrale. Intonato il canto islamico "Il Corano è la giustizia". Scoppia la polemica

Firenze, l'islam entra in Duomo: canti che inneggiano il Corano

L'islam entra nel Duomo di Firenze. Ieri sera per la prima volta, in oltre settecentoventi anni di storia, i canti islamici hanno risuonato per le navate di Santa Maria del Fiore. Il concerto, che fa rientra nel festival "O flos colende" promosso dall'Opera del Duomo, vuole unire le tre religioni del Libro attraverso melodie musulmane, cristiane ed ebraiche. L'iniziativa, che lo scorso era già stata portata nella basilica Santa Maria della Passione di Milano sotto il titolo "Tre fedi, un solo dio", ha scatenato accese polemiche in tutta Firenze.

Sotto la Cupola del Brunelleschi, ieri sera, ha risuonato il canto islamico "Il Corano è la giustizia". Lungo le navate del Duomo di Firenze hanno così riecheggiato i versetti del libro sacro ai musulmani. Le melodie islamiche sono state affiancate a quelle cristiane ed ebraiche. A esibirsi nella cattadrale, come racconta Repubblica nell'edizione locale, sono state tre voci femminili sostenute da Peppe Frana e Gabriele Miracle. Patrizia Bovi, specialista di Medioevo e fondatrice del prestigioso Ensemble Micrologus, Fadia Tomb El-Hage di Beirut e Françoise Atlan, ebrea sefardita marocchina che vive in Francia, hanno rappresentato le tre tradizioni religiose e musicali. "Intoniamo testi mistici e liturgici che permettono a ciascuna tradizione di specchiarsi e riconoscersi nell'altra - ha spiegato la Bovi - è un'operazione di dialogo e apertura che getta ponti tra le sponde del Mediterraneo".

L'iniziativa interreligiosa è nata una settimana dopo la barbara strage del commando islamista nella redazione parigina di Charlie Hebdo. "La gran parte delle musiche, se si tolgono le parole, a orecchie occidentali suonano simil - ha spiegato la Bovi a Repubblica - in effetti sono tutte apparentate. E anche metafore e simboli usati nei testi si assomigliano. Ritorna spesso l'idea del giardino di delizie, e si usa l'immagine del giglio candido e della rosa per significare purezza virginale. Dunque, a conoscere bene questi repertori, si capisce quanto siano reciprocamente connessi - ha concluso - a dividere, insomma, non è la religione, ma l'incultura".

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