Il Generale Giancotti: "Formiamo dei combattenti d'eccellenza"

Il Comandante dell'Accademia ci riceve a pochi giorni dal passaggio di consegne avvenuto 5 giorni fa: "Le Forze Armate sono una risorsa per il Paese. Grazie all'Accademia nasce una dirigenza d'eccellenza per l'Italia"

Il Generale Giancotti: "Formiamo dei combattenti d'eccellenza"

Alle spalle circa 2.800 ore di volo e il comando del 36° Stormo Caccia. Poi gli incarichi allo Stato Maggiore per le politiche del personale, all’Ambasciata d’Italia a Berlino e infine il comando dell’Accademia Areonautica di Pozzuoli. Quando incontriamo il Gen. S.A. Fernando Giancotti, mancano pochi giorni al passaggio di consegne con il nuovo Comandante dell’Accademia (avvenuto 5 giorni fa, NdR). Il suo ufficio è bello ed ordinato. Impone il rispetto che si dovrebbe avere per il più alto in grado nell’istituzione che forma gli Ufficiali dell’Aeronautica italiana. “Il nostro compito - spiega a ilGiornale.it - è quello di istruire piloti, ingegneri, ufficiali commissari, medici e del ruolo delle armi. Dobbiamo essere in grado di formare persone con uno sviluppo duale: eccellenti professionisti ed ottimi comandanti. E questa è certamente una sfida”. (guarda il video)

Generale, a cosa serve l’Accademia?
“Qui vengono formati Ufficiali con un senso etico solido, già provato e declinato in situazioni concrete. Inoltre lavoriamo sulle capacità di leadership, perché i futuri Ufficiali dovranno condurre, motivare e ispirare persone. Quando faranno carriera, dovranno far funzionare un’organizzazione complessa, anche dal punto di vista delle emozioni e delle persone che vi partecipano”.

Quindi: etica e leadership. Cos’altro serve a un buon Ufficiale?
“Saper far le cose in maniera ordinata e senza perdere pezzi. L’insieme di leadership, management ed etica costituiscono una base comune a tutti gli Allievi, che siano piloti o medici. Infine, ci sono le competenze tecniche. Quando vai a fare il pilota operativo devi avere le idee chiare su quello che è il tuo lavoro. Che deve essere fatto a livello d’eccellenza”.

Quali sono le caratteristiche che deve avere chi aspira a diventare pilota?
“Curiosità intellettuale, etica di fondo e disponibilità al sacrificio e al rispetto delle regole. Alla fine sarà ben ricompensato”.

Impareranno qui a pilotare un caccia?
“Certamente. Costruiamo le basi delle capacità di volo: escono dall’Accademia dei combattenti in grado di svolgere il loro lavoro in maniera assolutamente professionale ed eccellente”.

Qual è l’apporto che può dare un ente di formazione come questo al Paese?
“Siccome in ogni organizzazione l’elemento di gran lunga più influente è la sua dirigenza, nel momento in cui noi produciamo una dirigenza d’eccellenza, stiamo assicurando un enorme contributo all’Italia. Soprattutto nell’ottica delle sfide che oggi - come sappiamo - sono molto complesse”.

A proposito di sfide. Quelle che provengono dagli scenari internazionali sono sicuramente le più preoccupanti. Situazioni dove spesso l’Aeronautica è chiamata ad intervenire militarmente. Le crisi internazionali hanno modificato l’approccio formativo dell’Accademia?
“Le problematiche che oggi i militari affrontano sono molto complesse. In Accademia si parla di scuole, di alimentazione, di concetti complessivi che non si limitano al mondo militare. Un Ufficiale deve saper trattare con i bambini afghani così come con quelli dei paesi baltici".

Chi esce dall’Accademia è pronto ad affrontare i nuovi scenari geopolitici?
“Abbiamo ovviamente dei corsi specifici. Ma quello che ci interessa è che sviluppino una solida base e una forte sensibilità verso l’auto-formazione continua. Che abbiano un approccio metodologico e una forte motivazione. Queste persone, con queste caratteristiche di base, è possibile metterle a fare qualsiasi cosa e dopo sei mesi sono pronte ad operare. La leadership è anche questo: essere capaci di comprendere le situazioni, leggerne le dinamiche e poi affrontarle”.

A un giovane che volesse diventare pilota, cosa consiglia?
“Di provarci. E’ un lavoro straordinario, io stesso mi ritengo fortunato. Non è tutto rose e fiori, ovvio: ci sono sacrifici, frustrazioni e molti rischi. Ma i ritorni in termini di soddisfazione sono enormi. Il volo operativo è bello. E’ gratificante. Replica dinamiche ancestrali”.

Perché un Paese deve investire nelle Forze Armate?
"Sarebbe bello che non ci fosse alcun bisgono degli armamenti.

Ma credo sia evidente a tutti che il mondo non solo non stia diventatno più pacifico, ma anzi le sfide si moltiplicano, si differenziano. Hanno una dimenzione dove l'esercizio della violenza è immanente, poteziale e spesso si esprime. Chiunque osservi le dinamiche internazionali con onestà intellettuale non può che riconoscere tutto questo".

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