"Gesù, Giuseppe e Maria? Ormai non sono più adatti come modello di famiglia"

Un documento della Conferenza episcopale svela che per i fedeli la Sacra Famiglia non è più un modello. E la Chiesa ammette: "Bisogna riformulare i vecchi modelli"

"Gesù, Giuseppe e Maria? Ormai non sono più adatti come modello di famiglia"

I progressisti scaldano i motori in attesa del Sinodo ordinario sulla famiglia, in programma per il prossimo ottobre. Prima erano stati i vescovi tedeschi a rivendicare con forza l'autonomia da Roma in merito alle questioni pastorali - nel concreto, in merito al problema dell'accesso alla Comunione per i divorziati risposati e l'accoglienza alle coppie omosessuali.

Ora arriva un documento esplosivo della Conferenza Episcopale in Svizzera che raccoglie le risposte al questionario sulla famiglia diffuso tra i fedeli dopo il Sinodo straordinario dello scorso autunno. Dalle risposte raccolte nelle diocesi elvetiche emerge una sostanziale compattezza nell'opinione pubblica dei cattolici dei vari cantoni, che, pur con gli ovvi distinguo del caso, sembrano esprimere esigenze e desideri condivisi. E la risposta della Chiesa svizzera non può non sorprendere.

Ma partiamo dall'inizio, dall'analisi sentire dei fedeli. Che, nel documento dei vescovi svizzeri, rivela subito una sorpresa. Il modello di famiglia proposto nella relazione conclusiva del Sinodo straordinario - i cosiddetti Lineamenta - ed individuato nella Santa Famiglia non è più attuale né corrisponde ai desideri e alle aspettative dei fedeli. Che invece cercano e trovano un approccio "bottom-up", che parta dal basso e dalla concretezza della vita quotidiana.

Anche in merito alle persone omosessuali, i fedeli svizzeri mostrano di non comprendere perché la Chiesa li tratti come "persone particolarmente bisognose d'aiuto" e anzi di desiderare che le loro relazioni vengano "benedette" dalle gerarchie senza che venga loro imposta una castità ormai considerata "pretesa irrealistica e crudele".

Punto di partenza non è più la Bibbia, ma "il proprio ambito di esperienza e percezione soggettivo". Che, inevitabilmente, conduce a una varietà di pratiche e comportamenti non più riconducibile sotto alcuna dottrina che non sia la prassi del relativismo dominante - contro cui, giova ricordarlo, si scagliava il cardinale Ratzinger all'indomani della morte di Giovanni Paolo II.

I fedeli "danno prova di grande fiducia nella misericordia di Dio, ma spesso rimproverano alla Chiesa di nuocere con la sua prassi a questa fede". Spesso ottengono dalle parrocchie e dagli strati più bassi del clero "una testimonianza di fede più veritiera di quanto previsto dal diritto canonico", e in definitiva risposte più adatte ad affrontare sfide e problemi della vita quotidana. In definitiva, si aspettano che anche i vertici della Chiesa comprendano e apprezzino le diverse realtà. E la Chiesa, di fronte a queste richieste sempre più pressanti, che fa? Come affrontare il rischio dell'allontamento di un numero sempre maggiore di fedeli?

La risposta dei vescovi svizzeri è cristallina.

Poiché qui "è in gioco la credibilità della Chiesa", il Sinodo dovrebbe non solo "riflettere sulle vie per raggiungere l'ideale", ma anche e soprattutto "concepire in modo nuovo l'ideale stesso e riformularlo in vista delle situazioni di vita odierne". Non più educare i fedeli a sforzarsi di imitare la Santa Famiglia, ma rimodellare l'immagine della Santa Famiglia sulle nuove suggestioni che giungono dal "mondo". Serve altro?

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