Cronache

Gioco legale, appello di Fiegl: "Riaprire subito, sono a rischio 60mila posti di lavoro"

Il presidente della federazione di Confesercenti: "A rischio la sopravvivenza di 12mila aziende e dei lavoratori. Siamo pronti a ripartire in sicurezza ma il Governo dia risposte certe". Il rischio di alimentare la rete dei giochi illegali

Gioco legale, appello di Fiegl: "Riaprire subito, sono a rischio 60mila posti di lavoro"

Un numero, 60mila, su cui “non potete giocare”, è quello dei 60mila italiani, imprenditori, baristi, tabaccai e i loro dipendenti - 12mila esercizi specializzati - del settore delle imprese del gioco legale che rischiano di chiudere perché sono ancora bloccate e non possono riaprire. Appello rivolto al governo e alla politica con una pagina pubblicata sul Corriere della Sera dalla Fiegl, la Federazione italiana esercenti gioco legale di Confesercenti: “Nessuno si azzardi a giocare con questi numeri. Fateci riaprire! Forse siamo ancora in tempo”.

“Abbiamo lanciato questo appello perché la situazione è ferma, drammatica, e non riusciamo a sbloccarla. Chiediamo di poter riaprire le attività entro il 15 giugno, prima che sia realmente troppo tardi - spiega Stefano Papalia, presidente di Fiegl -. L’Italia è uscita dal lockdown ma noi siamo ancora in attesa di conoscere la data della ripartenza e dagli esercenti italiani, in gran parte piccoli, arriva un grido d’allarme perché andando avanti così un numero importante dei punti vendita specializzati non riaprirà”.

“Stiamo parlando di persone che stanno gestendo quattro emergenze insieme. La prima è quella aver dovuto chiudere dalla sera alla mattina ritrovandosi con la cassa azzerata, la seconda è la cassa integrazione con la maggior parte dei dipendenti che non hanno ricevuto niente e le aziende che hanno anticipato gli stipendi; il terza è il Decreto liquidità che sta creando problemi perché il credito è stato negato dalle banche alla maggior parte di coloro che lo hanno richiesto per motivi ‘etici’; la quarta - che aggiunge al danno la beffa - è la tassazione aggiuntiva dello 0,50% sulle scommesse sportive: aver tassato durante un periodo di chiusura obbligato un’attività dicendo quando riaprire dovà dare un altro pezzetto importante dei ricavi, questo vuol dire colpire un piccolo esercente in un momento di grave difficoltà”.

“A oggi non abbiamo alcuna certezza, chi lavora nel settore si sente come un fantasma, un invisibile. E subentra - prosegue Papalia - un meccanismo di frustrazione negli esercenti che continuano a fare la propria parte, effettuando cospicui investimenti per adottare tutte le misure idonee a garantire la totale sicurezza per i lavoratori e i giocatori e sono pronte a ripartire subito. Ci aspettavamo che nel suo ultimo discorso il presidente Conte citasse per la prima volta il nostro settore, ma è stata un’attesa inutile. Eppure stiamo parlando migliaia piccole aziende e di un indotto che arriva a quasi 100mila lavoratori”.

“Come Confesercenti, assieme alle altre associazioni di settore abbiamo inviato alle autorità competenti protocolli per la avviare e semplificare il processo di riapertura in sicurezza con indicazioni condivise anche dai sindacati. Il problema è il silenzio: chiediamo ma non abbiamo risposte, come se ci fosse la volontà politica di allungare i tempi, anche se il settore porta oltre 10 miliardi di euro nelle casse dell’Erario che sono a rischio se la chiusura va avanti. Questo nonostante il gioco legale sia autorizzato e controllato dallo Stato. Il rischio è quello di tornare al predominio del gioco clandestino che fa guadagnare la criminalità alimentando la rete illegale invece di quella legale. Sta già succedendo, inutile nasconderlo”.

Per questo la Fiegl chiede la riapertura della filiera del gioco legale, “senza ulteriori indugi da parte del Governo” ed esprime “il proprio rammarico e amarezza per come, in questa situazione di difficoltà, il settore non sembra avere, agli occhi del Governo, pari importanza e dignità di altre categorie, visto che sono stati concessi aiuti finanziari anche a comparti che non hanno subìto la medesima interruzione delle attività, con conseguente grave perdita in termini economici”.

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