La psicologa smonta il teorema di Grillo: "Cosa succede dopo lo stupro"

La paura del giudizio e l'elaborazione della violenza prima della denuncia: "Ci vuole tempo per comprendere e rendersi conto di quello che è accaduto". Gli aspetti psicologici della violenza sessuale

La psicologa smonta il teorema di Grillo: "Cosa succede dopo lo stupro"

"Viene stuprata la mattina e il pomeriggio va in kite surf". "Ha denunciato solo dopo 8 giorni". Sono le frasi usate da Beppe Grillo nel video in cui difende il figlio, e sono riferite alla studentessa che ha accusato i quattro ragazzi di violenza sessuale. Queste parole potrebbero insinuare dubbi sull'attendibilità di Silvia (nome di fantasia), che ha raccontato di essere stata stuprata nell'estate del 2019, mentre era ospite per la notte nella casa in Costa Smeralda del fondatore del Movimento 5 Stelle. Ma la denuncia tardiva e il ritorno alle proprie abitudini è considerato, in realtà, un comportamento tipico delle vittime di violenza: "È frequente che passi del tempo - spiega a IlGiornale.it la psicologa Silvia Bassi - anzi è più raro il contrario". E per capirlo è necessario conoscere i meccanismi psicologici che scattano nella mente di una persona che ha subito uno stupro.

Quali sono gli effetti psicologici che subisce la vittima di una violenza sessuale?

"Oltre alle conseguenze fisiche le vittime di violenza subiscono anche quelle psicologiche. Queste possono variare, ma tendenzialmente si tratta di un disagio psicosomatico affettivo ed emotivo, che potrebbe arrivare a patologie conclamate. Le persone che subiscono violenza sessuale potrebbero avere difficoltà nei disturbi del sonno, nell'alimentazione, nelle relazioni interpersonali (tendono a isolarsi e a chiudersi), ma possono sviluppare anche vere e proprie patologie, come depressione e disturbo post-traumatico da stress. Non solo. Le vittime infatti potrebbero manifestarsi meccanismi dissociativi; nei casi più gravi, la persona traumatizzata potrebbe arrivare a separare le parti emotive da quella razionale, per proteggersi. Si tratta di un meccanismo di difesa inconscio".

Ci sono conseguenze anche sulle abitudini della vittima di una violenza?

"Le abitudini potrebbero cambiare, senso di colpa e di vergogna sono frequenti tra le vittime di violenza. Si trovano coinvolte in un turbinio di emozioni, che non consente di gestire le attività quotidiane di prima, a causa della perdita di fiducia nell'Altro, della difficoltà di trovarsi in mezzo alla gente e a interagire con le persone. Le vittime, spesso, potrebbero sentirsi responsabili per quello che è successo, provare colpa e vergogna e temere il giudizio degli altri. Di conseguenza si abbassa il senso di autostima e la fiducia nelle proprie capacità e si va verso la chiusura, l'isolamento e la tendenza a non relazionarsi con l'Altro".

Cosa cambia a livello psicologico se una vittima denuncia?

"L'aspetto della denuncia è importantissimo. In molti casi le vittime hanno difficoltà a denunciare perché dal momento della denuncia denuncia entra in un iter sia giuridico che psicologico che porta a rivivere il trauma: chi ha subito violenza deve raccontare tutto di nuovo. È fondamentale la tutela della vittima da parte di esperti professionisti e specializzati su questa tematica: forze dell'ordine, psicologi, avvocati e altre figure professionali che possono aiutare la persona che ha subito violenza a sporgere senza cadere nella vittimizzazione secondaria".

Perché spesso non si denuncia?

"Ci sono diversi motivi. In primo luogo ci vuole del tempo per prendere consapevolezza dell'accaduto: la vittima continua a proseguire la sua vita, ma a un certo punto, per situazioni che ricordano il trauma, rumori, voci che potrebbero essere collegate alla violenza subita, la realtà potrebbe riemergere. Inoltre, chi ha subito una violenza fatica a denunciare anche per la paura del giudizio, perché non conosce quello che da lì in poi potrebbe accadere. Per questo avere a fianco familiari e amici che diano supporto e professionisti in grado di spiegare l'iter a seguito della denuncia è fondamentale".

In merito al caso Grillo, il comportamento della ragazza il giorno dopo il presunto stupro può essere considerato normale in casi come questo?

"Assolutamente sì, è normale che passi del tempo, anzi è forse più raro che si denunci subito. Non a caso il Codice Rosso ha aumentato i tempi per poter sporgere la denuncia. Spesso la vittima non si rende di quello che è accaduto e ha bisogno di tempo per prendere consapevolezza. Ci sono meccanismi di difesa inconsci che entrano in atto dopo la violenza e non permettono di capire cosa sia successo: possono passare giorni e settimane perché ciò accada. Ogni persona ha bisogno di un tempo, è soggettivo, per rendersi conto di ciò che è successo, quindi è facile che anche nei giorni seguenti la vittima riprenda le proprie abituali attività, quasi per normalizzare quanto accaduto".

Il fatto che la violenza venga compiuta in gruppo può avere un effetto diverso sulla vittima, rispetto a uno stupro da parte di un singolo?

"Quando la violenza è attuata da un singolo si esprime prettamente come controllo fisico e psicologico sulla vittima e gratificazione sessuale. Nel gruppo, anche se possono essere presenti gli aspetti appena descritti, sono la rabbia e l'aggressività ad essere protagoniste, oltre al senso di appartenenza e al desiderio di accettazione da parte degli altri membri del 'branco', termine spesso associato alla violenza di gruppo.

In questa forma di violenza gli aggressori è come se si sentissero autorizzati dal branco a infliggere violenza sulla vittima inerme. L’oggettivizzazione della persona che subisce violenza è estrema, così come la perdita della propria integrità psicofisica".

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