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Vietato indossare le mascherine in carcere: "Creano allarmismo". E il governo manda i detenuti a casa

La denuncia dell'Osapp sul divieto per gli agenti di indossare le mascherine: "Per i direttori delle carceri creano allarmismo fra i detenuti". Il governo pensa ai braccialetti elettronici per svuotare le carceri. Salvini: "No a sconti di pena"

Vietato indossare le mascherine in carcere: "Creano allarmismo". E il governo manda i detenuti a casa

Le misure di sicurezza per contenere il coronavirus non valgono all’interno delle carceri italiane. È la denuncia dell’Osapp, il sindacato della polizia penitenziaria, che denuncia come le direzioni di alcune case circondariali, come quella di Torino, Pesaro o Verona, "non consentano al personale di indossare durante il servizio a diretto contatto con i detenuti le mascherine, anche se acquistate personalmente". Il motivo? "Determinerebbero inquietudine e timore nei reclusi".

Insomma, se di norma le mascherine scarseggiano o sono inadeguate, come è stato denunciato nei giorni scorsi, in alcuni istituti ora viene addirittura vietato di indossarle "per non creare allarmismo" . Il timore, secondo quanto si legge in una comunicazione interna del carcere di Torino, è che possano verificarsi nuove rivolte. "In questo modo, però, si mette a rischio la salute degli uni e degli altri", attacca Leo Beneduci, segretario generale dell’organizzazione. Senza contare che in alcune carceri sono stati proprio i detenuti a pretendere che gli operatori indossassero i dispositivi di protezione a tutela della popolazione carceraria.

Non solo. Il sindacalista, in una missiva indirizzata al commissario per l’emergenza coronavirus Domenico Arcuri, osserva come all’indomani delle proteste della scorsa settimana nelle carceri della penisola numerosi detenuti sono stati trasferiti "contravvenendo alle misure di divieto di allontanamento". "In buona sostanza mentre nel territorio dello Stato i cittadini liberi hanno subito restrizioni e divieti – attacca Beneduci - in ambito penitenziario è venuta meno ogni cautela distribuendo persone sul territorio, come avviene in condizioni di normalità, con conseguente rischio di propagazione del virus, mentre si sarebbe potuto provvedere al provvisorio alloggiamento dei ristretti nell’ambito del territorio sede del carcere, ad esempio, mediante l’installazione di tende o alloggi prefabbricati".

A far discutere è anche un passaggio della circolare inviata nei giorni scorsi ai direttori degli istituti penitenziari dal capo dipartimento dell’amministrazione penitenziaria del ministero della Giustizia, Francesco Basentini. Il documento, in cui sono contenute le indicazioni operative per la prevenzione del contagio da coronavirus nelle carceri, mette nero su bianco che "nella prospettiva di salvare l’ordine e la sicurezza pubblica collettiva”, gli “operatori di polizia penitenziaria in servizio presso le strutture penitenziarie, in quanto operatori pubblici essenziali, debbano continuare a prestare servizio anche nel caso in cui abbiano avuto contatti con persone contagiate".

Nella circolare viene precisato che gli operatori che si trovano in queste condizioni non dovranno stare a contatto con i detenuti. Ma la direttiva lascia perplessi. "Quanto riportato nel dispositivo è altamente lesivo della dignità e della salute di tutto il personale", ha scritto al Guardasigilli, Alfonso Bonafede, la deputata pentastellata Mara Lapia. "Preso atto che la possibile presenza di operatori affetti da Coronavirus, stia mettendo a grave rischio la salute di tutto il personale e, di conseguenza, quella dei detenuti, si richiede se non si ritenga urgente rivedere quanto deciso", prosegue la missiva. "La vita e la salute del personale di polizia penitenziaria, ovvero dei detenuti – ragiona la deputata - non possono essere messe a repentaglio dalle necessità di servizio dovute alla carenza di personale".

Sullo sfondo c’è la polemica politica sulle misure adottate dal governo nel decreto Cura Italia per far fronte alle rivolte dei detenuti. Tra queste c'è la semplificazione delle procedure per usufruire dei domiciliari, tramite l’utilizzo del braccialetto elettronico. Una misura che varrà per i detenuti con pene fino ai 18 mesi. Una decisione che Matteo Salvini, paragona ad un "indulto". "Mandare a casa i detenuti fino a 18 mesi di pena come propone il governo? La Lega è assolutamente contraria a qualsiasi sconto di pena, amnistia, indulto o uscita dal carcere anticipata", scrive il leader leghista su Twitter.

"La certezza della pena è fondamentale – continua il post - soprattutto dopo le rivolte nelle prigioni che hanno causato morti, feriti ed evasioni". Da Salvini arriva anche un messaggio di solidarietà agli agenti della penitenziaria: "Troppo spesso dimenticati e trattati peggio dei detenuti". "Italiani chiusi in casa e delinquenti a spasso", attacca anche l’ex sottosegretario alla giustizia Jacopo Morrone. Per il deputato leghista il provvedimento di Bonafede è uno "svuota carceri mascherato".

Enrico Costa, di Forza Italia, osserva come il provvedimento rischia di essere addirittura "inattuabile" perché di "braccialetti elettronici ce ne sono pochissimi". "Oggi quei pochi disponibili - spiega - vengono utilizzati per la custodia cautelare agli arresti domiciliari".

"Senza l'immediato reperimento di nuovi braccialetti elettronici il decreto perciò resterà lettera morta ed il sovraffollamento carcerario non verrà intaccato", conclude il deputato azzurro.

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