Cultura e Spettacoli

"Grease" nel mirino #Metoo. "Va bandito dalla televisione"

Un'opera irresponsabile, ignobile, forse criminale. Un'opera misogina, simbolo dell'oppressione patriarcale. Un'opera che alterna omofobia a incitamenti allo stupro

"Grease" nel mirino #Metoo. "Va bandito dalla televisione"

Un'opera irresponsabile, ignobile, forse criminale. Un'opera misogina, simbolo dell'oppressione patriarcale. Un'opera che alterna omofobia a incitamenti allo stupro. Voi pensavate che Grease fosse un'innocua commedia musicale, nostalgica e un po' ridicola, con quelle brillantine di John Travolta fuori tempo massimo nel 1978 e il fisico snello di Olivia Newton-John, indecisa se essere una star del pop o una regina dei corsi di ginnastica. Invece, no. Grease, per i fautori della cultura (?) della cancellazione, è un film altamente diseducativo, indegno di essere trasmesso dalla BBC. È necessario rimuoverlo dai palinsesti, per sempre.

I fatti. Quei patriarchi della tv inglese programmano Grease nel giorno di Santo Stefano. Gli spettatori più giovani, in linea con i principi di movimenti come Me Too e Black Lives Matter, sommergono i social network di commenti negativi, in un cui etichettano il film di Randal Kleiser come «sessista», «eccessivamente bianco», «misogino» e «omofobo». Ma c'è perfino chi lo definisce «rapey», ovvero da stupratori. Secondo quanto riferito dal Daily Mail, molti spettatori hanno chiesto che il musical sulla storia d'amore tra Sandy e Danny non venga mai più trasmesso. Grease, uscito nel 1978 e ambientato nel 1958, è stata una delle pellicole di maggior incasso negli anni Settanta. Da allora ha continuato ad essere apprezzato, diventando un vero cult della storia del cinema musicale.

Al centro delle critiche diversi passaggi: la trasformazione finale del personaggio di Sandy, da brava ragazza a pantera; la scena in cui Putzie, uno degli amici di Danny, si sdraia sul pavimento per guardare sotto le gonne di due studentesse; la frase pronunciata da uno dei personaggi, l'annunciatore radiofonico Vince Fontaine, per dire ai ballerini di evitare di formare coppie dello stesso sesso; ma soprattutto la canzone forse più celebre di tutto il musical, Summer Nights, in cui Danny descrive la scena di seduzione con Sandy e il coro chiede più o meno «Dimmi di più, dimmi di più, lei ha lottato?» (Tell me more, tell me more, did she put up a fight?). Parole che alcuni spettatori hanno interpretato come possibile incitamento allo stupro o comunque una normalizzazione della violenza sessuale. Sì, esatto, Summer Nights, proprio quella canzoncina scema che avete ballato con le compagne di classe ai festini del liceo, è una roba da Jack lo Squartatore.

La cultura dell'inclusione, nata per valorizzare le differenze e offrire pari diritti, si è tramutata nel suo opposto, una tragicomica forma di censura, per giunta retroattiva.

Si applica anche al passato, senza alcun tentativo di contestualizzare opere, personaggi, episodi e comportamenti. Tutto è razzista, colonialista, omofobo e in ultima analisi fascista. Il politicamente corretto è eletto a Pensiero Unico. Non è più «vietato vietare». Al contrario si vieta tutto quanto non rientri nei canoni (ristretti) dell'ideologia corrente. Fare i conti con la cultura della cancellazione è difficile e ormai addirittura pericoloso. Siamo di fronte a intolleranti veri che parlano la lingua della tolleranza, a razzisti veri che parlano la lingua dell'antirazzismo. È un attimo. È sufficiente un «sì» o un «no» per essere giudicati e sbattuti fuori dal dibattito pubblico con una etichetta infamante. Bisogna dunque sforzarsi di dimostrare quanto dogmatismo e coercizione si nascondano dietro a parole solo all'apparenza nobili, che invitano, in teoria, alla giustizia sociale ma, in realtà, chiedono la gogna e l'ostracismo verso chi non si allinea. Le cose sono andate così in là, che forse non ci stupiremmo se qualcuno accusasse di razzismo il governo per la ventilata istituzione delle «zone bianche» sul territorio italiano, dove già ci sono quelle gialle, rosse e arancioni: le «zone bianche» non saranno poco inclusive e molto razziste, non ricorderanno almeno un po' l'Apartheid, non sarebbero meglio zebrate, una striscia bianca e una nera? Grease è un film senza troppe pretese.

Però pretendiamo di poterlo vedere in televisione.

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