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La "guerra" al tabacco riscaldato: ecco chi vuole tassarlo di più

La politica chiede un aumento della tassazione sui prodotti a base di tabacco riscaldato, un mercato in crescita esponenziale rispetto a quello delle tradizionali bionde. Ma sullo sfondo ci sono le differenti strategie commerciali dei principali produttori

La "guerra" al tabacco riscaldato: ecco chi vuole tassarlo di più

Abbassare lo sconto fiscale sui prodotti a tabacco riscaldato, per recuperare 1,2 miliardi di tasse in tre anni. È la proposta della senatrice Paola Binetti, che ieri nella sala Nassiriya del Senato ha organizzato una conferenza stampa sui rischi degli heated tobacco products (Htp).

Un prodotto che negli ultimi mesi ha conosciuto un vero e proprio boom, con 4 miliardi di heat stick venduti in poco più di un anno, da gennaio 2019 a marzo 2020, mese in cui, nonostante il lockdown, secondo i dati di un’inchiesta della trasmissione Rai Report, si è registrato un incremento del 7 per cento delle vendite. Un po’ per il design accattivante, un po’ perché spopola tra gli influencer sui social network, il tabacco riscaldato ha convinto moltissimi ad abbandonare le tradizionali bionde. Su 600mila persone che hanno smesso con le sigarette durante l’emergenza Covid, infatti, almeno 500mila hanno optato per i nuovi dispositivi elettronici.

Il settore degli Htp, dominato al 90 per cento, in Italia, dall’americana Philip Morris, è in fortissima espansione. Per la Food and Drug Administration (Fda) americana la quantità delle sostanze tossiche emesse dalle sigarette senza cenere è minore. Un report del ministero della Salute, però, evidenzia come le sigarette senza cenere non sarebbero meno nocive di quelle tradizionali. "Essendo un prodotto nuovo non ci sono evidenze sugli effetti a lungo termine, ma l’unica certezza è che contiene tabacco e nicotina, e quindi è dannoso per la salute e provoca dipendenza", ha affermato in Senato Daniela Galeone, Direttore della prevenzione sanitaria del ministero della Salute.

Anche il Direttore del Centro Nazionale Dipendenza e Doping Istituto Superiore di Sanità, Roberta Pacifici, ha insistito sullo stesso punto. "Questi prodotti – ha sottolineato – derogano alla strategia messa in atto negli anni per avere un packaging il più possibile neutro, con i richiami evidenti ai possibili danni alla salute". "Se il luogo di vendita di un prodotto nocivo non ha nessun richiamo alla salute – è il ragionamento - ci troviamo di fronte ad un messaggio sbagliato". In realtà, però, il tema è dibattuto. Secondo i dati contenuti nell’ultimo Libro blu di Agenzia delle dogane e dei monopoli, infatti, il numero dei fumatori in Italia è diminuito del 6,8 per cento dal 2017, anche grazie all’alternativa dei "tabacchi da inalazione senza combustione". E nonostante questo, fa notare l'agenzia Nova citando lo stesso rapporto, "non si è verificata una flessione del gettito per la fiscalità di settore".

"Le multinazionali del tabacco sono in crisi per il calo della vendita delle sigarette e si riciclano con il tabacco riscaldato mettendo in atto due aggressioni, una al diritto alla salute, l’altra al diritto all’informazione", attacca però la Binetti. La proposta, dunque, è quella di adeguare la tassazione sul tabacco riscaldato a quella delle sigarette tradizionali e di creare degli alert sui potenziali danni degli Htp per scoraggiare i consumatori ad acquistare questo tipo di prodotti. A sorpresa, l’idea piace anche a British American Tobacco, nonostante la multinazionale britannica produca questo tipo di dispositivi.

Inizialmente il gigante del settore aveva accolto con favore gli sconti fiscali sui prodotti innovativi come quelli a base di tabacco riscaldato, elogiando, in un’intervista pubblicata su Forbes, "i benefici dell’abbassamento del carico fiscale sui prodotti a tabacco riscaldato" che avevano consentito di abbattere il prezzo delle sigarette senza cenere, "fornendo un’alternativa al fumo a potenziale rischio ridotto e a un prezzo inferiore". Qualche mese dopo però, la strategia cambia in modo radicale. A dicembre del 2019, parlando con l’Huffington Post, i vertici di Bat Italia criticano aspramente le agevolazioni fiscali per i prodotti a tabacco riscaldato contenute nella manovra, che creerebbero "squilibri" nel mercato.

La richiesta, messa nero su bianco anche in una missiva inviata al ministro della Salute, è quindi quella di alzare la tassazione sui dispositivi a tabacco riscaldato, nonostante questo costituisca un "sacrificio" per la stessa azienda. Una scelta che, però, osserva qualcuno, più che dall’etica, sarebbe dettata da ragioni di opportunità commerciale e di salvaguardia di un mercato, quello delle sigarette tradizionali, in cui la multinazionale britannica può contare su una quota che sfiora il 20 per cento.

Al contrario, nel campo dei dispositivi senza combustione, un settore che minaccia quello delle classiche bionde con una crescita del 200 per cento l’anno, l’azienda leader è Philip Morris. Per ora, infatti, il dispositivo lanciato dalla società americana non sembra lasciare spazio alla concorrenza, compresa quella di Bat, che è riuscita ad accaparrarsi soltanto l’1 per cento del mercato.

Se è proprio l’Oms, quindi, a dire che l’aumento del prezzo dei prodotti a base di tabacco sia uno dei principali deterrenti per il consumo, non è difficile immaginare che una maggiore tassazione, se associata ad un aumento del prezzo, porterebbe ad un minore appeal dei dispositivi rispetto alle classiche bionde. Lo conferma anche Marco Spallone, professore di Economia all’Università di Chieti e Pescara e coordinatore del Centro per gli studi monetari e finanziari della Luiss (Casmef), che ad ottobre del 2019, secondo quanto riferisce l’Ansa, presenta uno studio sul vaping realizzato proprio con il contributo di Bat Italia, assieme alla presidente della stessa azienda, Roberta Palazzetti. Secondo Spallone, intervenuto anche ieri al Senato, un aumento della tassazione corrisponde ad una riduzione di gettito fiscale, quando si parla di sigarette elettroniche.

Quindi, con un aumento delle tasse l'effetto potrebbe essere quello di virare di nuovo sulle classiche sigarette per molti consumatori. Lo scorso giugno, però, anche il Casmef cambia idea sul tabacco riscaldato e pubblica uno studio in cui, in linea con le posizioni assunte da Bat, sottolinea l'importanza di "impostare una tassazione più equa dei prodotti htp" per impiegare "il maggior gettito a favore di politiche che aiutino a sostenere la ripresa economica del nostro Paese", senza però prevedere una misura equivalente per la tassazione delle sigarette, che rappresentano l’85 per cento del mercato.

Per questo nella sala stampa del Senato qualcuno si chiede se non sia in corso una "guerra commerciale". "La guerra commerciale c’è sempre", replica la senatrice Binetti. "Ma l’impegno politico – precisa - non ha nessuna implicazione commerciale". "L’unico obiettivo – assicura – è il principio di precauzione". Perché allora, per tutelare la salute, non aumentare anche la tassazione sulle sigarette tradizionali, obietta qualcun altro. Non esiste, infatti, un regime fiscale agevolato per gli heat stick, per cui l’attuale tassazione è in linea con quella adottata in altri Paesi europei, ma solamente differenziato, come accade per gli altri prodotti a base di tabacco, rispetto ai quali questo tipo di dispositivi si collocano come alternativa a quelli classici.

Intanto Philip Morris, dopo l’apertura del maxi stabilimento di Crespellano, in Emilia Romagna, il primo impianto industriale al mondo per gli Htp, continua a puntare sul mercato italiano dei prodotti senza

combustione, con l’apertura di un nuovo Digital Information Service Center (Disc), a Taranto, in Puglia. Un investimento da 100 milioni di euro che porterà alla creazione di 400 posti di lavoro entro il 2021.

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