Vogliono cancellare dalla Costituzione la parola «razza» perché è cattiva. Osserviamo che ve ne sono altre, nella Costituzione: pena di morte, sequestri, associazioni segrete, errori giudiziari, violenza fisica, restrizioni e perquisizioni, indigenti. Tutte queste cose o condizioni sarebbe bene che non ci fossero. Da diversi punti di vista, la senatrice Segre auspica che la parola razza venga cancellata dalla Carta; il presidente della Corte costituzionale, Grossi, afferma invece: «La razza non esiste, esistono i razzismi. E finché resta viva quella perversione, la parola razza deve rimanere nella Carta». Sono posizioni di buon senso. Ma entrambe trascurano che la lingua italiana contempla, e i vocabolari registrano, anche le parole del male: odio, omicidio, strage, sadismo, stupro, pedofilia. Non basta cancellare la parola pedofilia per eliminare l'atto. Il dibattito sulla eliminazione della parola «razza» è vacuo, e sembra indicare soltanto esorcismi, perbenismi, nella ricorrente logica del «politicamente corretto» che mira a correggere il vocabolario, come è accaduto trasformando «negro» in «nero». Un segno di evoluzione della società? No. Di ipocrisia. La differenza non esiste.
Così, vi è una sola regola cui obbediscono anche i neologismi: le parole esistono in quanto si usano. Quando finiscono le cose, finiscono le parole. Quando finirà il razzismo non si parlerà più di razza. Cancelleremo la parola «servo» quando saranno finiti i servi. Non servono i dibattiti.
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