Adesso sembra che il Fertility Day, dopo che Renzi ne ha preso le distanze, sia solo una questione di estetica della comunicazione. Insomma, se i cartelloni pubblicitari fossero stati un po' meno di cattivo gusto e meno stupidi, quel genere di campagna promozionale per aumentare le nascite, tutta rivolta alla decisione della donna, poteva anche starci. Ecco cosa dichiara il presidente del Consiglio: «Le persone fanno figli se possono finalmente avere un lavoro a tempo indeterminato, investire su un mutuo, avere l'asilo nido sotto casa». Ma vogliamo scherzare? Questo è il peggior materialismo volgare che non si sentiva dagli anni di Stalin.
I figli nascono da un uomo e una donna che hanno un progetto di vita comune, nascono da una coppia che si ama e pensa che la famiglia sia il coronamento dell'amore. È ovvio che se ci sono anche i soldi, si vive meglio. Ma è una motivazione economica se nascono meno bambini rispetto ai tempi di guerra, quando di soldi ne giravano pochi?
L'attuale cultura laica e falsamente progressista ha annientato l'idea di famiglia, il valore sociale dell'amore tra un uomo e una donna. Questa visione disastrosa è deflagrata nella nostra tradizione cattolica, in cui il significato di famiglia era il fondamento su cui si reggevano tutte le dinamiche sociali. È stata distrutta una tradizione senza dare il tempo necessario per la costruzione di una nuova educazione familiare e sessuale. È stato accelerato un processo legislativo in modo così ottuso da far credere che vera emancipazione culturale sia la coppia gay: coppia che ha tutti i diritti di esistenza e di protezione da parte delle leggi, ma che non può, proprio da un punto di vista culturale, essere parificata alla famiglia fatta da un uomo e una donna.
Il problema di quella campagna del ministro della Sanità è che i figli siano una questione che deve risolvere la donna. Sua è la decisione. Punto e basta. Il marito non c'entra, è un optional. Per Renzi, invece, è soltanto una questione economica. Da un ottuso femminismo al materialismo volgare. Siamo messi benissimo!
E non si dica la banalità che in Danimarca o in Svezia nascono più bambini perché ci sono più incentivi economici per le giovani coppie che hanno figli. Anche per noi quegli incentivi non dovrebbero mancare, ma rappresentano solo una parte del problema. Noi abbiamo, rispetto ai danesi e agli svedesi, un'altra cultura, una diversa visione del senso della famiglia, dell'educazione dei figli. È questa cultura che non va mortificata, per non creare un letale disorientamento.
Vogliamo fare una campagna comunicativa per aumentare le nascite? Bene, si accetta la sfida: la campagna si dovrà fare sul valore della famiglia, in cui un uomo e una donna progettano insieme la loro vita con la speranza di avere dei bambini. Allora si potrà trovare anche nel mondo del lavoro più rispetto per la donna che intende avere una famiglia e dei figli. Questa donna, oggi, è messa all'angolo perché c'è una cultura che non riconosce, non apprezza quel suo desiderio di vita.
Certo, è grande la disattenzione economica per la donna lavoratrice che ha o vuole avere figli. Ma disastrosa è la visione politica e sociale che non capisce il valore di una famiglia in cui nascono i figli. Figli che nascono dalla decisione comune di un uomo e di una donna.
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