La strategia del silenzio, ovviamente, non è affatto casuale. Anzi, un ministro dem sostiene sia stata concordata d'intesa tra Palazzo Chigi e il ministero dell'Economia. Con l'obiettivo di non alimentare polemiche su quello che viene considerato «l'ennesimo attacco scomposto di Confindustria». Mediaticamente sicuramente una scelta azzeccata, tanto che l'intervista di Carlo Bonomi al Corriere della Sera finisce per essere superata dalle cronache del primo giorno di «fase due» e dal caso Bonafede-Di Matteo. Politicamente, però, la strada intrapresa qualche dubbio lo lascia, soprattutto considerando quali e quante perplessità ha il Pd sull'andare avanti con il Conte 2 anche quando - se tutto va come si spera - dopo l'estate si dovrà partire con la cosiddetta «fase tre», quella della ricostruzione.
Certo, che il successore di Vincenzo Boccia alla guida di via dell'Astronomia avesse una linea critica verso il governo non è una novità. Ma che arrivasse ad affondare i colpi con tanta determinazione proprio nelle ore in cui il governo sta cercando la quadra sul decreto aprile (che è ormai diventato decreto maggio) non se lo aspettavano neanche a Palazzo Chigi. E infatti, nonostante Giuseppe Conte sia ben consapevole delle distanze che lo dividono dal nuovo corso di Confindustria, sembra che non abbia affatto gradito la mattutina lettura dei giornali. Con qualche ragione, visto che Bonomi ha scelto di non fare alcun esercizio di diplomazia. «Se questa è la rotta del governo - ha detto - l'approdo non può che essere l'esplosione di una vera e propria emergenza sociale già a settembre-ottobre». E ancora: «La risposta dell'esecutivo alla crisi si esaurisce in una distribuzione di denaro a pioggia. Denaro che non avevamo, si badi bene. Si tratta di soldi presi a prestito. Possiamo andare avanti così un mese, due, tre. Ma quando i soldi saranno finiti senza aver fatto un solo investimento nella ripresa del sistema produttivo, allora la situazione sarà drammatica». Insomma, una gigantesca stroncatura dell'azione del governo. Che ha fatto sobbalzare pure il solitamente mite ministro dell'Economia Roberto Gualtieri.
Eppure, né dal M5s né tantomeno dal Pd si è alzata una sola voce a difesa della politica economica dell'esecutivo. Non una sola presa di distanza dalla durezza con cui Bonomi ha attaccato. Qualcuno sostiene abbia inciso anche il caso aperto lunedì a tarda sera dal magistrato Nino Di Matteo che ha accusato il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede di non averlo nominato a capo del Dap per non scontentare i mafiosi. Vicenda complessa e scivolosa, ma sulla quale il Pd si è dovuto necessariamente esporre in difesa del titolare della Giustizia (che incidentalmente è anche capo delegazione del M5s nel governo). Aggiungere a questo fronte un braccio di ferro con Confindustria sarebbe stato troppo, soprattutto considerando quanto siano agitate le acque in cui sta navigando l'esecutivo in queste settimane.
I più maliziosi, però, raccontano un'altra versione. Ed è quella di un Pd che già guarda a dopo l'estate, a quando lo scenario di un governo di unità nazionale potrebbe davvero concretizzarsi. Perché troppi sono i segnali di insofferenza verso il Conte 2, un malessere che arriva da più parti, con Confindustria ultimo fronte solo in ordine temporale. Peraltro, il fatto che Bonomi sia stato così violentemente tranchant ha fatto venire il dubbio a un pezzo importante di Pd che negli ambienti economici che contano la strada dell'esecutivo venga ormai considerata segnata.
Di qui la scelta di alzare una cortina di fumoso silenzio, evitando accuratamente di sovrapporre l'immagine del Pd a quella di Conte. Perché è chiaro che se e quando il banco salterà sarà sul premier che si concentreranno accuse e recriminazioni. Quindi meglio tenersi a debita distanza.
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