Coronavirus

I governi e il metodo Napolitano

Immaginate una conference call tra banchieri prestigiosi a Milano. Gente del calibro di Corrado Passera. Uno scambio di idee sul momento drammatico. In cui si parla del premier e del governo in termini non proprio lusinghieri

I governi e il metodo Napolitano

Immaginate una conference call tra banchieri prestigiosi a Milano. Gente del calibro di Corrado Passera. Uno scambio di idee sul momento drammatico. In cui si parla del premier e del governo in termini non proprio lusinghieri. Frasi del tipo: «Ha il coraggio di un coniglietto nella giungla». Accompagnata da un'analisi delle prospettive da paura: «Se va avanti così rischiamo di assistere al più grande suicidio economico della Storia». Solo che alla fine, quando bisogna tirare le somme, la conclusione è sempre la stessa: «Il governo per ora va lasciato stare, perché per il momento non si può». Allo stesso esito, nelle loro congetture, arrivano altri nomi illustri dell'establishment: dal banchiere Giovanni Bazoli, eminenza grigia nel mondo che conta da quarant'anni, a imprenditori del calibro di Urbano Cairo. Parafrasando uno slogan pubblicitario fortunato di tanti anni fa di un'azienda che lavora pomodori («su De Rica non si può»), si potrebbe dire: «Su Giuseppi non si può».

E, in fondo, hanno ragione: perché, in una società che funziona, la politica non dovrebbero farla gli imprenditori, ma spetterebbe alla stessa Politica quella con la P maiuscola - offrire delle soluzioni che siano all'altezza dei tempi. Invece, purtroppo, in questo sfortunato Paese, la politica quella con la p minuscola - sbaglia spesso tempi e modi. Nove anni fa il capo dello Stato dell'epoca, Giorgio Napolitano, in un momento complesso ma che non è neppure lontanamente paragonabile ad oggi, creò le condizioni per mandare a casa un governo, quello del Cav, e insediare a Palazzo Chigi un esecutivo tecnico appoggiato da tutti i maggiori partiti, quello di Mario Monti. Scopo: aderire a una ricetta economica, il «rigore» tedesco, che negli anni successivi sarebbe stata ripudiata da tutti i protagonisti di allora. Se qualcuno avesse dei dubbi potrebbe chiedere lumi a Pier Luigi Bersani.

Sono passati dieci anni e oggi il Paese si trova ad affrontare disunito, con un governo di parte, non eletto direttamente nelle urne, appoggiato da una maggioranza che nei sondaggi è minoranza, una delle peggiori emergenze sanitarie degli ultimi 500 anni e la quarta peggiore crisi economica dall'Unità d'Italia: se la recessione, come si prevede, sarà dell'8,9% (ma forse il calcolo pecca di ottimismo), siamo stati in condizioni più gravi solo nel triennio 1943-45; stavamo meglio prima e dopo la Grande guerra e anche durante la depressione del 1929. Insomma, ci avviamo verso un'economia di guerra, per cui un governo che rappresenti lo sforzo unitario del Paese per uscire dalla crisi, non dovrebbe essere un'opzione, ma un obbligo. E, invece, niente, si naviga a vista, a tentoni, tra errori, insuccessi e polemiche. Con la filosofia fatalista della commedia napoletana di Eduardo De Filippo: «adda passà a nuttata».

E, in queste condizioni, per onestà intellettuale, viene da dire che ciò che manca in questi frangenti tragici è un capo dello Stato interventista come Giorgio Napolitano. Al sottoscritto costa non poco ammetterlo, perché teorizzò l'impeachment del Nap dieci anni fa (pagandone magari anche il prezzo). Ma, di fronte all'inerzia della politica di oggi, per alcuni versi all'insipienza, come minimo, c'è da chiedersi se su questo strano Paese non incomba, davvero, una sorta di maledizione, quella di avere l'uomo sbagliato nel momento sbagliato. Ora, a quasi due mesi dall'inizio dell'emergenza, dopo settimane e settimane di chiusura forzata, ci sarebbe bisogno di una prospettiva, di una rotta da seguire. Proprio ciò che questo governo se non si sta dietro al mainstream - non riesce a dare. Un limite che logora l'intero sistema. La scorsa settimana, la maga dei sondaggi, Alessandra Ghisleri, assegnava a Mattarella un indice di gradimento tra il 52-54%. L'indice più basso avuto dal Nap nei suoi 10 anni al Quirinale fu del 65%, quando decise di nominare un numero spropositato di senatori a vita. Tanto per dire. E che ci sia bisogno di una guida perché l'opinione pubblica è disorientata, confusa, lo dimostra l'immagine fa notare la Ghisleri che sui balconi non si canta più. Eppure Pierluigi Castagnetti, habitué del Quirinale, dichiara: «Noi cattolici crediamo nella grazia di Stato, ecco, Conte l'ha avuta».

Appunto, la politica è inerme. Basta scorrere alla moviola le immagini degli ultimi due mesi per scoprire che si poteva fare meglio. C'è un governo che dichiara lo stato di emergenza il 31 gennaio e ai primi di marzo si accorge di non avere neppure le mascherine. Questa carenza ha innescato una polemica che va avanti da due mesi tra governo, Protezione civile e Regioni. Per l'emergenza economica non va meglio. Piddini e grillini hanno litigato per tre giorni sulla gestione degli aiuti economici: i primi volevano che fosse affidata alla SACE posta sotto il controllo del Mef, cioè del ministro piddino Gualtieri; i secondi a Cdp, che ha un amministratore delegato voluto fortemente dai grillini. «Siamo alla lottizzazione degli aiuti», ha sibilato ai suoi Matteo Renzi. L'ex premier, invece, si è sgolato con il ministro dell'Economia per spiegargli che se lo Stato avesse garantito al 100% i prestiti alle aziende e non il 90%, si sarebbe potuta saltare la fase dell'istruttoria che le banche saranno costrette a fare per concedere il credito. Insomma, si sarebbe guadagnato tempo. Ma il suo impegno è stato vano.

Per non parlare della cabina di regia con le opposizioni. Una mezza caricatura. «Dieci anni fa osserva Renato Brunetta si inventò una crisi di governo per abbracciare una politica economica sbagliata. Ora, invece, non si fa niente: c'è un governo che naviga a vista, il che equivale ad un suicidio. E una crisi, che dovrebbe essere simmetrica, per l'Italia si trasformerà in harakiri». Racconta il capogruppo della Lega, Riccardo Molinari: «Salvini è fuori di sé. Gli incontri che abbiamo avuto con Conte sono stati ridicoli. Ci ha raccontato solo supercazzole sulla Sanità. Sulle proposte che gli facciamo è sordo. La soluzione sarebbe un altro governo e, invece, ci dicono che non possiamo neppure fare opposizione. Cosa ci resta da fare? Andare sull'Aventino».

Si può affrontare la più grave crisi economica da 80 anni a oggi in queste condizioni? Probabilmente no. Ci sono polemiche nell'ombra dentro la maggioranza (i grillini non digeriscono il rapporto con la Ue gestito dal Pd sull'asse Gualtieri-Gentiloni) e scontri roventi al sole con l'opposizione. Ma, appunto, come recita il mainstream, «su Giuseppi non si può». Nei fatti l'emergenza ha partorito un governo intoccabile, un altro governo. In fondo aveva ragione la Cassandra (per il Paese) di Palazzo Chigi, quel Rocco Casalino che qualche mese fa profetizzava: «Amore, tranquillo.

Ci sarà un Conte Ter».

Commenti