Coronavirus

I medici allo sbaraglio. "Ci vuole un commando". In 7.220 per la task force

Fnomceo: "Siamo troppo esposti, e ognuno di noi lavorando può infettare 10 persone"

I medici allo sbaraglio. "Ci vuole un commando". In 7.220 per la task force

O rmai siamo in guerra. E i medici chiedono un corpo scelto, da schierare in prima linea, ben protetto con camici e mascherine serie, che non vada allo sbaraglio infettandosi e infettando mentre cura e visita la vasta platea degli ammalati di coronavirus. L'emergenza travolge tutti. Attualmente sono 3.654 secondo l'Iss, gli operatori positivi. Quasi un malato su dieci è medico. E ogni camice bianco può far da amplificatore. «Un medico può infettare anche dieci pazienti ammette Guido Marinoni, presidente Fnomceo di Bergamo - Mediamente ognuno di noi fa 20-30 visite a stretto contatto: guarda in gola il paziente, si avvicina. E senza le protezioni siamo molto esposti: ci contagiano e possiamo contagiare. Invece di mandare allo sbaraglio tanti medici con i fucili di cartone è meglio organizzare qualche commando ben armato».
ARRIVANO I RINFORZI
Dunque tanti medici si ammalano. E chi non muore si deve fermare. Almeno per due settimane. Per questo è stata accolta con grande sollievo l'adesione che ha avuto il bando on line per reclutare 300 medici da spedire negli ospedali delle regioni e province maggiormente colpite. Nel pomeriggio di ieri hanno risposto all'appello più di 3.500 professionisti, numero che cresce di ora in ora, a sera sono 7.220. Il premier Conte ringrazia «gli eroi in camice bianco per quest'ennesima risposta generosa».
TUTE DA VETERINARIO
Ma anche gli eroi hanno necessità. Banali, essenziali, come una mascherina che protegga il naso e la bocca, degli occhiali, un camice. E invece scarseggiano. Non solo nelle zone rosse. Da Aosta, l'azienda Usl, che ha già registrato 8 vittime e oltre 250 casi positivi, chiede aiuto ai privati perché donino camici, guanti, occhiali, mascherine e dispositivi di protezione. Nell'ospedale Parini i medici usano i camici ad uso veterinario (nella foto).
SENZA MASCHERINE
A Bergamo stanno peggio. Lì, dove i morti ormai non fanno più cronaca, i medici si centellinano 5 mascherine a testa distribuite dalla Asl. «Sopravviviamo con le donazioni dice Marinoni una ditta di Novara ce ne ha fornite per 10mila euro e l'Aeronautica ce ne invierà qualche migliaio, ma di quelle serie, però».
MEDICI IN TRINCEA
Le migliaia di persone che stanno a casa colpite da Covid-19 vanno curate e seguite dal medico di famiglia. Che attualmente è l'anello più debole della categoria. Paola Pedrini non vede i genitori da fine febbraio. «Sono molto esposta, non vorrei contagiarli». Lei segue 1.500 persone e «centinaia di questi hanno la febbre, sono critici, una trentina con polmoniti». Lavora dodici ore al giorno e riceve in media un centinaio di chiamate. Poi ci sono le visite. «Le riduco al minimo ma qualcuna devo farla. Se ogni paziente avesse un saturimetro, però, non dovremmo andare a domicilio solo per fare questa misurazione. Effettuo il monitoraggio telefonico sette giorni su sette, non ho più una vita privata». Pedrini non vede la luce in fondo al tunnel. «Servono misure ancora più strette dice - troppe code davanti ai supermercati. Servono più tamponi ai contatti stretti del paziente e più sorveglianza da parte del Dipartimento della prevenzione».


TRACCIATURA DA REMOTO
L'ipotesi concreta che si sta vagliando all'Iss è una tracciatura da remoto dei contatti dei positivi e dei positivi stessi, in stile Corea del Sud.

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