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I migranti che sfidano la morte sulle nevi della Valsusa

Sono ormai decine gli interventi del soccorso alpino effettuati sulle montagne sopra Bardonecchia, in provincia di Torino, dove sempre più migranti tentano di passare clandestinamente in Francia attraverso le montagne

I migranti che sfidano la morte sulle nevi della Valsusa

Da Bardonecchia (Torino)

Riccardo stringe la trasmittente nella mano guantata, lo sguardo rivolto alla montagna contro il cielo azzurro: “Ricevuto. Sei persone in difficoltà? Stiamo arrivando.” I ragazzi del soccorso alpino saltano rapidi a bordo del gatto delle nevi, sci e pelli di foca già pronti. Una scena che sarebbe di ordinaria amministrazione sulle montagne al confine fra Italia e Francia ma che questa volta assume contorni particolari.

Perché le persone in difficoltà sui fianchi innevati del Colle della Scala, a 1700 metri di altitudine, non sono sciatori dispersi o escursionisti distratti. Sono sei migranti poco più che ventenni arrivati fin qui dalla Guinea. Ragazzi pronti a tutto pur di attraversare il confine e arrivare in Francia, dove sognano di trovare uno Stato accogliente e un welfare che immaginano generoso.

Da agosto le stazioni ferroviarie di Bardonecchia e di Oulx sono affollate da decine di stranieri che aspettano il momento migliore per incamminarsi verso il confine. I numeri precisi sui transiti non sono ancora noti ma il fenomeno è così imponente che a dicembre le ferrovie hanno chiuso temporaneamente le sale d'attesa delle due stazioni. Lungo i binari, cartelli in inglese, francese e arabo avvisano: “I monti d'inverno sono pericolosi! Chi li attraversa senza equipaggiamento rischia la morte.”

Sia dal versante italiano che da quello francese sono nati spontaneamente gruppi di cittadini che si radunano via Whatsapp per aiutare gli alpinisti improvvisati: in alcuni casi hanno persino organizzato spedizioni notturne per recuperare i migranti dispersi alla luce delle lampade frontali.

"Non ho soldi ma la montagna è l'unica via"

Allo scalo di Bardonecchia incontriamo Babakar, 23 anni e un principio di ipotermia alle dita delle mani. Nella notte ha tentato di scollinare in Francia attraverso il Colle della Scala ma il gelo e il buio lo hanno costretto a tornare indietro. Basta un'occhiata al suo abbigliamento per rendersi conto di quanto sia folle sfidare la montagna: una giacca impermeabile ma non imbottitta, scarpe da tennis e tuta da sci infilata nelle calze al ginocchio. I guanti coprono le dita solo fino all'ultima falange, lasciando la punta esposta al gelo. “Voglio andare in Francia ma non ho soldi – confessa - la montagna è l'unica via”.

Come lui, una ventina di altri migranti attende il momento migliore per mettersi in cammino. Ma poco dopo l'ultimo abitato di Bardonecchia la strada del Colle non è più battuta e la neve fresca è ormai alta almeno fino al ginocchio. Il soccorso alpino del Piemonte effettua ormai diversi interventi a settimana, con squadre specializzate che salgono in quota per recuperare i migranti stremati e spesso assiderati.

Mercoledì 20 dicembre sono saliti sulla montagna almeno nove africani, di cui tre con ogni probabilità minorenni. Oltre il confine i gendarmi francesi li aspettano al varco e non appena li intercettano li scortano di nuovo fino alla stazione di Bardonecchia. In base al diritto europeo, devono chiedere asilo in Italia. L'ineluttabilità della legge, però, non scoraggia certo i migranti che anzi continuano a sfidare la sorte caparbiamente, giorno dopo giorno.

Il soccorso alpino: "È un'emergenza da protezione civile"

Per il portavoce del soccorso alpino piemontese Simone Bobbio si pone ormai un tema di ordine pubblico, per cui servirebbe l'intervento della Protezione civile: “Noi soccorritori non abbiamo il potere di trattenerli – sospira – Possiamo solo cercare di convincerli a non andare, facendo presente i pericoli della scalata e spiegando loro che i francesi comunque li bloccheranno e li riporteranno in Italia. Diciamo che rischiano la vita per niente ma non ci vogliono ascoltare”.

E a confermare le sue parole, mentre i soccorritori si sfilano gli scarponi a intervento concluso, un altro drappello di giovanissimi africani che avanza lentamente verso il Colle. Sono vestiti come tutti i migranti del mondo, da Lampedusa fino a Calais: cappellino da baseball, felpa, sneakers. Non hanno alcuna speranza di farcela ma proseguono ugualmente.

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