I soliti moralisti

Ogni tanto, appare all'orizzonte qualche sconosciuto moralista che poi rapidamente piomba nel nulla

I soliti moralisti

Ogni tanto, appare all'orizzonte qualche sconosciuto moralista che poi rapidamente piomba nel nulla. Si esibisce contro il mio litigare in televisione: i concetti sono sempre gli stessi, la morale si ripete. Poi se ne vanno i conduttori, ritornano nell'anonimato i polemisti; e io resto. Questa volta ha alzato la testa Beatrice Dondi. Una bella coincidenza: io iniziai la mia carriera di urlatore trent'anni fa, dando della «stronza» alla preside del liceo Virgilio, dove la Dondi ha studiato. Dopo si è mossa come un polipo nell'acquario: «È nata e cresciuta tra internet e televisione». Invisibile, ma molto composta, piena di pensierini delicati. Mentre io arrivavo a quasi 2 milioni di followers su Facebook lei, che quel mondo lo abita, ne ha raggiunti 2.321. Però voleva far sapere che esiste. Le interessa il tono di voce, non i contenuti.

Ogni giorno, in teatro, io racconto Caravaggio, racconto Michelangelo, presento mostre. A Ferrara, nel Castello, ho esposto, con mia sorella che non urla, la collezione d'arte della mia famiglia, utilmente visitata da migliaia di persone. E una persona che pensa, come Giorgio Montefoschi, scrive: «Ieri sera sono stato al Teatro Olimpico a ascoltare Vittorio. È stato davvero fantastico. Il teatro era molto, molto coinvolto.

Io, oltre ad aver ammirato la profondità delle sue osservazioni sull'Arte, e a essere sbalordito per le cose che sa e per la memoria, sono rimasto colpito dal bellissimo discorso che ha fatto sulla Vergine Maria». Non ditelo alla Dondi, potrebbe non capire.

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