I virus abbondano: ecco i nuovi "Covid" del futuro

Se l'uomo non starà attento, pandemie come il Covid potranno essere più frequenti nel prossimo futuro

I virus abbondano: ecco i nuovi "Covid" del futuro

"Le future pandemie emergeranno più spesso, si diffonderanno più rapidamente, arrecheranno più danni all'economia mondiale e uccideranno più persone rispetto al Covid-19 a meno che non vi sia un cambiamento trasformativo nell'approccio globale alla gestione delle malattie infettive". Insomma, i virus sono lì pronti a fare un "salto" nel nostro organismo ma esistono gli strumenti anche per evitare che ciò accada.

È quanto scritto sul nuovo rapporto della Piattaforma intergovernativa di politica scientifica sulla biodiversità ed i servizi ecosistemici (Ipbes), l’organismo istituito dalle Nazioni Unite per monitorare la biodiversità e gli ecosistemi redatto da 22 esperti e leader di tutto il mondo i quali concordano sul fatto che si possa sfuggire all'era delle pandemie ma è necessario un cambiamento nella prevenzione. Si stima che esistano, nei mammiferi e negli uccelli, altri 1,7 milioni di virus attualmente "non scoperti" ed 827mila di essi potrebbero avere la capacità di infettare le persone.

Qual è il rischio?

I più importanti serbatoi di agenti patogeni con potenziale pandemico sono i mammiferi (in particolare i pipistrelli, roditori, primati) e alcuni uccelli (in particolare uccelli acquatici), nonché bestiame (ad es. maiali, cammelli, pollame). ll rischio di pandemie sta aumentando rapidamente, con più di cinque nuove malattie che emergono nelle persone ogni anno, ognuno dei quali ha il potenziale per diffondersi e diventare pandemia. Il rischio di una pandemia è guidato da un aumento esponenziale cambiamenti antropogenici. "Incolpare la fauna selvatica per l'insorgenza di malattie è quindi errata, perché l'emergenza è causata dalle attività umane e gli impatti di queste attività sull'ambiente", si legge sul report.

"La maggior parte delle malattie infettive iniziano come zoonosi perché provengono dall'animale, è l'uomo che va a rompere le uova nel paniere: se rompiamo le 'scatole' all'ecosistema tutto può accadere" ha detto al nostro giornale il Prof. Massimo Ciccozzi, Direttore dell’Unità di Statistica medica ed Epidemiologia del Campus Bio-medico di Roma che tira in ballo anche i cambiamenti climatici anche se, la maggiore responsabilità delle pandemie è causata dall'uomo. "Se l'uomo si desse una regolata sarebbe meglio, dovremmo essere più rispettosi della natura per evitare queste intromissioni, queste 'sorprese'".

Come avviene la trasmissione: ecco la zoonosi

Il Prof. Ciccozzi è stato chiaro, così come gli studiosi che hanno stilato il report dal titolo 'Sfuggire all'era delle pandemie'. Diciamo che l'umanità è stata particolarmente sfortunata con il Covid-19, perché non tutti i virus creano danni all'orgamismo umano. "I virus si comportano diversamente: in un organismo possono essere innocui, in un altro letali ed un esempio è proprio il virus di Sars-Cov-2, che nel pipistrello esiste da chissà da quanti decenni senza causargli nulla e passando a noi, la prima cosa che fa è essere in qualche modo letale", ci ha detto Ciccozzi. "A livello evolutivo, poi, il virus si adatta all'ospite e nel tempo si adatterà sempre di più per fare in modo di non essere ucciso e sopravvivere".

Altri "salti" di virus nell'uomo. Covid-19 è almeno la sesta pandemia sanitaria globale dalla Grande pandemia influenzale del 1918 (la spagnola), e sebbene abbia le sue origini in microbi trasportati dagli animali, come tutte le pandemie, la sua comparsa è stata interamente guidata dalle attività umane. Accanto alla nuova convivenza, c'è un altro virus che non è stato ancora debellato pur esistendo da decenni, ed è quello dell'Hiv: anche in quel caso è avvenuto il passaggio di specie. "Pensiamo all'Hiv che esisteva soltanto nella scimmia e poi è passato, per qualche motivo, all'uomo: probabilmente veniva mangiata la loro carne o veniva macellata a mani nude e, prima o poi, il virus si è trasmesso - ci ha detto il Prof. - Ma questo vale anche l'aviaria, la suina, la Sars, il Mers, la febbre gialla, cominciano come zoonosi e poi, a causa degli allevamenti massivi degli animali, accade il salto di specie. Sempre perché noi alteriamo l'ecosistema".

malattie
Le origini e le cause delle malattie zoonotiche e delle pandemie emergenti

I virus trasportati dagli insetti

Ma non è sempre colpa dell'uomo: a volte sono gli insetti come le zanzare a trasmetterci dei virus. Un esempio su tutti è rappresentato dalla malaria, diffusa principalmente in zone tropicali e subtropicali e causata da parassiti trasmessi all'uomo da zanzare infette. Un altro esempio è la chikungunya, malattia virale caratterizzata da febbre e forti dolori. La prima epidemia nota è stata descritta nel 1952 in Tanzania anche se già nel 1779 era stata descritta un’epidemia in Indonesia, attribuibile forse allo stesso agente virale. Ma c'è una differenza importante con la zoonia: in questi casi sono gli insetti che causano il danno. "Questi due virus utilizzano gli insetti come vettore di trasporto come fosse un taxi, la malaria non ci infetta perché ha fatto una mutazione. Semplicemente, le zanzare fanno solo da trasportatore del microrganismo. Discorso diverso per le malattie che dall'animale passano all'uomo facendo un salto di specie per mutazione che la fa diventare una malattia dell'uomo quando prima era tipica soltanto dell'animale", ha spiegato Ciccozzi.

Come avviene la mutazione. Cosa è successo, quindi, con il Coronavirus? La sua mutazione è avvenuta in qualche proteina, un recettore, che la riconosce e che si trova nelle cellule dell'uomo: in questo caso è stata la proteina Spike che "ha come un braccio mobile che riconosce il recettore, chiamato Ace2, presente sulle cellule umani. Questo 'braccio' la prende e fa fondere le membrane cellulari, il virus immette dentro il proprio Rna virale, la sua 'cabina di regia' e da quel momento la cellula fa solo quello che il virus gli dice di fare, in pratica produrre proteine così da potersi replicare e andare ad infettare altre cellule", ha affermato l'epidemiologo. In altre situazioni passate è avvenuto, quindi, un processo simile di "fusione" tra virus e cellule umane.

Le cause di Covid e pandemie, come prevenirle?

"Non c'è un grande mistero sulla causa della pandemia Covid-19 o di qualsiasi pandemia moderna", ha affermato il dott. Peter Daszak, presidente di EcoHealth Alliance e presidente del seminario Ipbes. “La perdita della biodiversità guida il rischio di pandemia attraverso i loro impatti sul nostro ambiente. Cambiamenti nel modo in cui usiamo la terra; l'espansione e l'intensificazione dell'agricoltura; e il commercio, la produzione e il consumo insostenibili interrompono la natura e aumentano il contatto tra fauna selvatica, bestiame, agenti patogeni e persone. Questo è il percorso verso le pandemie".

Il rischio di pandemia può essere notevolmente ridotto redistribuendo le attività umane che si vedono a contatto con il mondo animale, una maggiore conservazione delle aree protette attraverso misure che riducono lo sfruttamento insostenibile delle regioni ad alta biodiversità. Questo ridurrà il contatto tra fauna selvatica, bestiame ed esseri umani e aiuterà a prevenire la diffusione di nuove malattie, afferma il rapporto. "Abbiamo la capacità crescente di prevenire le pandemie ma il modo in cui le stiamo affrontando in questo momento ignora ampiamente questa capacità. Possiamo sfuggire all'era delle pandemie, ma ciò richiede una maggiore attenzione alla prevenzione oltre alla reazione".

I costi del Covid. Facendo riferimento al probabile costo di Covid-19, a livello globale era già compreso fra gli 8 ed i 16 trilioni di dollari entro luglio 2020 mentre nei soli Stati Uniti si potranno raggiungere i 16 trilioni entro il 4° trimestre del 2021. Gli esperti dicono che il costo della prevenzione sarebbe di 100 volte più basso dell'impatto economico della pandemia attuale. È per questo che bisognerebbe rilevare il prima possibile le nuove malattie e cercare di contenerle "finché non vengono sviluppati vaccini o terapie. Si tratta di una strategia rischiosa e pure costosa poiché una volta che è avvenuto il salto di specie è molto più difficile arginare l’agente pandemico”, commenta Antonia Ricci, direttore generale dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie in un'intervista a Repubblica. "Le zoonosi e i salti di specie ci sono sempre stati e continueranno a verificarsi anche in futuro. Per questo motivo è necessario concentrarci sulla fauna selvatica, andando a mappare sistematicamente, attraverso le nuove tecniche di sequenziamento genomico, gli agenti infettivi ospitati dalle possibili specie serbatoio”, afferma Umberto Agrimi, Direttore del Dipartimento di Sicurezza alimentare, nutrizione e sanità pubblica veterinaria dell'Istituto Superiore di Sanità.

L'urbanizzazione e la penetrazione della popolazione umana nei contesti selvatici, insieme alla crescita demografica, alle condizioni di povertà e alle scadenti condizioni igienico sanitarie creano il mix

che rende alcune aree geografiche più a rischio di altre per la nascita di nuovi agenti infettivi. Ma, se verrannno ridotti gli impatti antropici, il rischio pandemia potrà essere ridotto ai minimi termini. Speriamo bene.

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