L'allevatore è l'unico animale che nessuno vuole proteggere

Ecco chi ci rimette davvero tra lupi e agnelli

L'allevatore è l'unico animale che nessuno vuole proteggere

L'allevatore nel pallone non grida: forza lupi! Nessuno sembra interessarsene, ma nella favoletta alla Esopo del lupo cattivo che divide la galassia animalista dal governo, l'unico che non vive felice e contento è lui, il proprietario di pecore e vitelli che vede decimato dalle zanne dei canidi il suo gregge (o la sua mandria). Parliamo, lo sapete, del progetto del ministero dell'Ambiente di un abbattimento selettivo del 5 per cento della popolazione di lupi in Italia, che qualche giorno fa la conferenza Stato-Regioni ha discusso, approvato ma rinviato al 23 febbraio. Secondo i superesperti ingaggiati dal ministero per validare il piano i lupi sono un po' troppi, e se non si interviene in modo selettivo alla fine ci penseranno i bracconieri. Tesi che gli animal-chic contestano, sostenendo che si tratta di mattanza legalizzata ai danni dei poveri animalucci, che peraltro nessuno sa quanti siano davvero i lupi in Italia, se mille o quasi tremila e quindi il ministero parla (e spara) a vanvera. Ieri, per dire, questi fautori dell'animalisticamente corretto hanno manifestato in piazza San Carlo a Milano in favore dei lupi ma anche a causa dell'ostinata pioggia meneghina erano davvero pochini. Verrebbe da dire quattro gatti, se l'Aidaa e Vectrix non si sentissero oltraggiati da una spiritosaggine tanto elementare.

Però. Però mentre lo scontro si fa ideologico tra tifosi purchessia di ogni bestiola per quanto aggressiva popoli questo pianeta, di solito persone con attico in centro e un pigro micio castrato che dormicchia sul divano come unica testimonianza di militanza, e dall'altra parte amministratori che non amministrano e quindi ipotizzano mattanze, c'è chi ogni giorno grida davvero: al lupo! al lupo! Secondo Coldiretti Toscana negli ultimi due anni sono state almeno 750 le aziende agricole che sono state attaccate dai lupi. E proprio dalla Toscana, peraltro l'unica regione italiana ad avere un piano più o meno efficiente di monitoraggio del fenomeno, arriva questa storia esemplare. Siamo a Castelnuovo della Misericordia, in provincia di Livorno, a due passi dalla Castiglioncello piena come un uovo di animal-chic che le uova magari nemmeno le mangiano. Gabriele Neri è il titolare di un agriturismo che si chiama proprio Pian dei Lupi, e pure lui un po' se la va a cercare, ma del resto così si chiama la frazione, e quindi di lupi ce ne son sempre stati. Solo che Neri ha anche quasi trecento pecore con cui produce latte e formaggi che poi offre ai suoi ospiti e rivende. Forse dovremmo dire: aveva. Perché negli ultimi giorni ne ha trovate sgozzate ben sessanta, e il suo gregge è sceso a quota 220, con un danno economico calcolabile in 30mila euro, dal momento che il valore di ogni capo è di circa 500 euro. Neri ha buoni motivi per credere che a sbranare le sue pecorelle siano stati i lupi. O forse cani inselvatichiti, che alla fine tanta differenza non c'è. O addirittura ibridi tra le due specie (come si chiameranno: luni? Capi?), perché accade anche questo. Come che sia a fare la nonna di Cappuccetto Rosso il povero allevatore proprio non ci sta. Ha chiamato i carabinieri e vuole che qualcuno lo risarcisca.

Gli

animalisti che versano lacrime (di coccodrillo?) per i tempi cupi previsti per i lupi, alle pecorelle non ci pensano? Ci sono animali di serie A e di serie B? Oppure, come si dice a Roma, chi pecora se fa, er lupo se lo magna?

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