Lenti italiane per vedere il Sole da vicino

Lenti italiane per vedere il Sole da vicino

Il sogno di guardare in faccia il Sole, questa palla rossa nel cielo, come un dio insondabile, che ti illumina e ti acceca, ti scalda e ti brucia, vita e mistero. Perfino il Sole un giorno morirà, come tutte le stelle, quando avrà consumato tutta la sua energia, fino a esplodere, da supernova, lasciando il buio intorno e una massa di detriti sparsi nell'universo. Dicono che tutto questo avverrà fra cinque o sette miliardi di anni, perché il nostro Sole è ancora una stella di mezz'età. L'apocalisse è ancora molto lontana. La sfida, nel frattempo, è studiarlo da molto vicino.

È passata la mezzanotte a Cape Canaveral, in Italia sono le cinque del mattino più tre minuti. La sonda Solar Orbitar a bordo del vettore Atlas è decollata e comincia il suo viaggio. Ci metterà due anni e si fermerà in orbita a 42 milioni di chilometri dal Sole. È un progetto della Nasa in collaborazione con l'Agenzia spaziale europea.

Non è la prima sonda in orbita intorno alla nostra stella. Le precedenti missioni si muovevano lungo la zona equatoriale, con orbite simili a quelle della Terra e degli altri pianeti. Questa volta invece si ruota intorno ai poli. L'obiettivo è sempre lo stesso: capire qualcosa di più dello spazio immenso che ci circonda. Il ciclo solare dura in media undici anni. All'inizio e alla fine di ogni ciclo, l'enorme campo magnetico prodotto dal Sole si inverte, con i poli che passano rispettivamente da negativo a positivo e da positivo a negativo. È un po' come se si possedesse una calamita e questa invertisse la propria polarità, ma su una scala molto più grande, come quella di una sfera infuocata col diametro di 1,39 milioni di chilometri.

È il ritmo di vita del Sole. Si sveglia e si appisola. nei picchi di attività produce più tempeste solari, che quando colpiscono la magnetosfera causano le bellissime aurore polari. Le tempeste disturbano e a volte danneggiano le reti elettriche e informatiche. La più memorabile è in realtà quella che nel 1859 distrusse la rete telegrafica degli Stati Uniti. È rimasta famosa come l'evento di Carrington. Richard Carrington è lo scienziato che ne studiò gli effetti con un telescopio ancora abbastanza artigianale.

È durante questi periodi di frenesia del Sole che si possono osservare le macchie solari, quelle scoperte da Galileo Galilei, fondamentali per le sue teorie astronomiche, visto che proprio grazie a quelle macchie ipotizzò la rotazione del sole intorno al proprio asse. Bene, anche in questa avventura, quella del Solar Orbitar, gli italiani avranno un ruolo che ricorda quello di Galilei: osservare. Lo strumento è un coronografo. È come se a bordo del Solar ci fossero degli occhiali da sole, con un filtro che oscurerà il cuore della stella per guardare da vicino la sua corona. È un progetto dell'Agenzia spaziale italiana, in collaborazione con un consorzio di università. A guidare il gruppo di scienziati c'è Marco Romoli, astrofisico dell'Università di Firenze. È lui che ha trovato il modo per studiare gli effetti del vento solare. «Le osservazioni saranno cruciali per arrivare finalmente a capire i meccanismi di innesco e accelerazione delle eruzioni solari, che causano violente perturbazioni nell'eliosfera, disturbando la magnetosfera terrestre fino a provocare le tempeste geomagnetiche».

Il nome non è casuale. Si chiama Metis. È un nome mitologico e ha a che fare con la prima moglie di Zeus. È soprattutto però una virtù. Metis è saggezza. È furbizia. È capacità di metamorfosi.

È ribellarsi al fato e al destino con l'arguzia e l'intelligenza. Metis è la dote per cui più di ogni altro eroe brilla Ulisse. Metis è quello che serve per avvicinarsi il più possibile al Sole, rubarne i segreti e non fare la fine di Icaro.

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