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La lezione di Beccaria che il Guardasigilli ignora

La lezione di Beccaria che il Guardasigilli ignora

Sembra che il ministro della Giustizia Bonafede ignori ciò che sostiene Cesare Beccaria, nel capitolo 13 del suo famoso libro Dei delitti e delle pene, circa la necessità della prescrizione, ai fini della prontezza e certezza della pena. Questa svanisce se il processo tarda a concludersi. Solo per delitti atroci come l'omicidio essa deve esser lunga, perché la atrocità del reato desta a lungo un turbamento sociale, ma dovrebbe essere breve per i reati di minor gravità. Beccaria circa i processi che durano all'infinito, nel capitolo 19 dedicato a «La prontezza della pena», scrive: «Il processo deve esser finito nel più breve tempo possibile. Qual più crudele contrasto che l'indolenza di un giudice e le angosce di un reo? I comodi e i piaceri di un magistrato da una parte e dall'altra le lacrime e lo squallore di un prigioniero?». E aggiunge: «La prontezza delle pene è più utile perché quanto è minore la distanza nel tempo che passa fra la pena e il misfatto, tanto più forte e durevole nell'animo umano l'associazione di queste due idee delitto e pena». «La certezza della pena, benché moderata - scrive Beccaria nel capitolo 20 - farà sempre una maggiore impressione che non il timore di un altro più terribile castigo unito alla speranza dell'impunità». Beccaria, in generale, ritiene che il peso della pena in conseguenza di un delitto, deve esser sempre il più efficace per gli altri e il meno duro per chi ne soffre, perché «non si può chiamare legittima quella società dove non sia principio infallibile che gli uomini si siano voluti assoggettare ai minori mali possibili». Prontezza e certezza della pena, in connessione con una prescrizione più che proporzionale alla gravità dei delitti, onde minimizzare il danno, a parità effetto di deterrenza dei reati, cui si riferisce Beccaria, è fondamentale per quelli che riguardano l'economia, come i fallimenti. La durata lunga del processo genera un grosso danno economico non solo ai falliti ma anche ai loro creditori, banche, imprese, cittadini che hanno diritto a un risarcimento. Accade, spesso, purtroppo, nel caso dei crediti delle banche, garantiti da immobili e aziende, che questi beni, a causa della lunga durata dei processi, in cui rimangono bloccati, si deteriorino. Nel caso delle opere pubbliche, i processi per irregolarità negli appalti e connessi reati, che si prolungano nel tempo, possono, a loro volta, determinare il fallimento delle imprese, che hanno preso in appalto i lavori e si sono indebitate per fare i progetti e apparecchiare i cantieri e si vedono sospesi i pagamenti, mentre i lavoratori perdono il posto o vanno in cassa integrazione. Spesso, il blocco delle opere avviene prima che siano iniziate; e non ci sono fallimenti delle imprese appaltatrici, ma c'è, comunque, un danno grave per il mancato avvio delle opere, che genera una carenza di investimenti, necessari all'economia e all'ambiente.

Il fine delle pene, insegna Beccaria, non è di tormentare un essere sensibile, ma di minimizzare i danni arrecati dai reati ai cittadini che compongono la società.

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