Cronache

La lezione del papà di Tommaso davanti al male più grande

Ecco perché siamo nani sulle spalle del papà del piccolo Tommaso, morto a 4 anni nel giardino dell'asilo

La lezione del papà di Tommaso davanti al male più grande

C'è un limite oltre il quale l'umanità trova una fine? Esiste qualcosa di insopportabile che obnubila il buono che c'è dentro l'animo di una persona? La risposta l'ha data il papà di Tommaso, il piccolo di quattro anni travolto e ucciso da un'auto piombata nel giardino dell'asilo. La risposta è no. Anche se il buon senso e l'istinto ti porterebbero a dire sì, ché è impossibile restare umani di fronte a una tragedia simile, che quando perdi un figlio il perdono e la rassegnazione sono sentimenti lontani, soprattutto a distanza di così poco tempo, quando ancora non è chiaro nulla, Ma a cosa serve la definizione certa delle dinamiche della morte? A poco, se non a nulla. Come il rancore, la rabbia, l'indignazione, la caccia al colpevole: non servono a nulla. Eppure sono stati d'animo così normali, così comprensibili, così automatici. Ma forse noi semplici lettori di notizie non protagonisti chiamati in causa pensiamo che lo siano. Poi però leggi questa frase e ti fermi a riflettere: "Non portiamo rancore. Né a quella donna, né al bambino che era nella macchina. Ci rendiamo conto che è una tragedia per tutti".

Ti fermi a riflettere perché ti trovi davanti a qualcosa di sovra-umano, nel senso che supera l'umanità, le va oltre, talmente oltre da sentirti così lontano da essa, da provare financo qualcosa di irritante, uno schiaffo simbolico e urticante che ti penetra il cuore. Come si fa a non provare rancore? Come si fa a considerare quella che è una "tua" tragedia una tragedia "per tutti"? Un moto di contrarietà quasi ti pervade, ti sforzi di capire, provi a immedesimarti, alla fine sono un papà anche io, eppure non riesci a raggiungerla quell'altura, è un livello superiore, quasi invisibile agli occhi, essenziale però per capire la profondità che sta dentro all'animo umano. Ti puoi solo fermare a riflettere, a nutrire un immenso rispetto, una devota invidia, una incommensurabile tristezza che sai che non sarà mai quella che sta provando chi ha subìto un lutto così annientante. Ti immagini il vuoto, invece c'è lo "stracolmo". Una lezione di dignità e di forza così alta e impossibile da comprendere appieno, perché non si è attori protagonisti, ma solo spettatori disarmati. "Non conosciamo mai la nostra altezza finché non siamo chiamati ad alzarci", scriveva Emily Dickinson.

Il padre di Tommaso è in piedi e ci indica il cielo.

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