Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, si dice sicuro e passa al contrattacco sul caso Almasri: "Riferiremo in Parlamento quando sarà il momento, però gli atti che abbiamo smentiscono radicalmente quello che è stato riportato sui giornali", ha dichiarato il Guardasigilli mentre stava per arrivare alla Conferenza per la ripresa dell'Ucraina che si terrà in questi due giorni a Roma. Da qualche giorno, infatti, si è riacceso lo scontro tra la Procura di Roma e il governo Meloni per la mancata consegna alla Corte penale internazionale del generale libico dopo le rivelazioni di alcuni quotidiano basate su alcune conversazioni dello staff di Nordio, dalle quali sembrerebbe che via Arenula fosse a conoscenza dell'arresto del criminale libico fin da domenica 19 gennaio 2025; e non dal giorno successivo.
Le opposizioni stanno invocando a gran voce le dimissioni del ministro, proprio nei giorni caldi in cui il Senato sta per approvare (in seconda lettura) la riforma costituzionale della giustizia che prevede la separazione delle carriere dei magistrati. Nel frattempo, a breve il Tribunale dei ministri di Roma valuterà se chiedere il rinvio a giudizio per lo stesso Nordio (accusato di omissione d'atti d'ufficio), la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, il ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi e il sottosegretario a Palazzo Chigi, Alfredo Mantovano. Non è esclusa la richiesta di archiviazione per i reati di favoreggiamento e peculato, visto che la mancata consegna sarebbe figlia di una errata interpretazione della norma da parte della Procura generale di Roma e della Corte d'Appello, che hanno scarcerato Almasri prima che Nordio valutasse il fascicolo.
Secondo la ricostruzione di Corriere, Repubblica e Fatto Quotidiano, lo staff di Nordio avrebbe allertato i magistrati del Dag di parlarsi con cautela attraverso l'allora capo Luigi Birritteri (poi dimesso) per convalidare il fermo del criminale di guerra, avvenuto nella notte tra sabato 18 e domenica 19 dopo la partita Juventus-Milan. Nel mirino c'è la decisione del capo di Gabinetto Giusi Bartolozzi di usare la app Signal per le interlocuzioni, non il sistema tradizionale. La rivelazione di queste conversazioni interne al ministero secondo Giulia Bongiorno - che sta difendendo i quattro esponenti del governo - rappresenterebbe una "divulgazione di atti coperti da segreto d'ufficio", perché non resi noti alla senatrice della Lega, che sta valutando una denuncia.
Secondo il governo la responsabilità della mancata consegna è insita in una errata interpretazione della legge 237/2012 che regola i rapporti con i giudici dell'Aja. Il no all'arresto del Pg violerebbe l'articolo 11 della norma, secondo cui "ricevuti gli atti il Pg chiede alla Corte d'Appello l'applicazione della misura", senza alcun potere discrezionale che invece è stato esercitato, traendo in inganno anche la stessa Corte, che non ha neanche proceduto all'identificazione di Almasri (prevista sempre all'articolo 11) "entro tre giorni". Se la procedura fosse stata corretta, dopo l'arresto ci sarebbe stata la consegna, non l'estradizione.
"È a quel punto che la Corte avrebbe dovuto constatare eventuali ipotesi ostative alla consegna", tra l'altro molto stringenti. Dopo di che Nordio, a norma, avrebbe avuto venti giorni per consegnare o meno il criminale alla Corte dopo un'eventuale consultazione, come stabilisce l'articolo 97 dello Statuto di Roma.