Una casalinga di Voghera scompare nel nulla e i famigliari temono che sia stata uccisa e il suo corpo bruciato. Non è la trama di un libro ispirato all’opera della scrittrice Carolina Invernizio. La quale scriveva romanzi rosa tra l’altro. No, questa è una storia vera, le cui tinte volgono più al giallo di una presunta cronaca nera.
La storia è quella di Francesca Caputo, scomparsa appunto da Voghera nella notte del 12 dicembre 1996. Aveva 33 anni all’epoca Francesca, due figli che amava tantissimo e un marito con il quale da anni non andava d’accordo. Gli inquirenti hanno indagato, ma alla fine hanno stabilito che il suo sia stato un allontanamento volontario.
La scomparsa
La sera prima della scomparsa, Francesca ha una furiosa lite con il marito. Che, nottetempo esce per andare al lavoro. L’uomo era impiegato in una fonderia locale: il suo turno di notte iniziava alle 4 del mattino e terminava a mezzogiorno. Ma quella notte timbra il cartellino alle 3.31, spiegando ai carabinieri che spesso si recava al lavoro prima perché c’era tanto da fare. Dice anche di aver lasciato la moglie che dormiva sul divano dopo la lite.
I due avevano discussioni animate, “anche per futili motivi”, come avrebbe riferito lo stesso marito agli inquirenti. Francesca voleva separarsi da lui e restare con i figli, lo aveva espresso più volte alla famiglia. Che non crede all’allontanamento volontario: Francesca non avrebbe mai lasciato ai figli.
Le indagini
La mattina della scomparsa di Francesca accade un fatto molto insolito alla fonderia. Il marito della donna rimase da solo fino alle 6, ora in cui, stando ai cartellini di ingresso degli operai, arrivarono i primi colleghi. Il portone della fonderia era aperto, un dettaglio bizzarro per una giornata decisamente fredda. In più la fabbrica era piena di fumo e si sentiva uno strano odore di carne bruciata. "Quella mattina - ha detto a ‘Chi l’ha visto?’ Rocco, un ex operaio - sono arrivato e c’erano i portoni aperti perché c’era fumo e odore”.
L’odore rimase per svariati giorni e anche dalle fabbriche vicine iniziarono a lamentarsi. Così al proprietario della fonderia non rimase che allertare, 11 giorni dopo, i carabinieri, che apposero i sigilli alla fabbrica. E indagarono il marito di Francesca per omicidio e distruzione del cadavere.
L’uomo racconta agli inquirenti di aver gettato nella fornace scorie di alluminio quel giorno e che l’odore che i colleghi hanno associato alla carne, poteva essere un topo bruciato. Tuttavia il datore di lavoro smentisce che fosse una pratica comune quella di andare prima a lavorare: l’anticipo di orario andava concordato con lui.
Nei forni della fabbrica, frequentata da soli uomini, venne trovato un Dna femminile misto a Dna maschile. Si cercò di estrapolare il Dna per capire se apparteneva a Francesca, ma all’epoca non c’erano gli strumenti per farlo mentre oggi si potrebbe venire a capo del giallo. Così, in assenza di ulteriori prove, la posizione del marito fu archiviata. Lui continua a sostenere la tesi dell’allontanamento volontario. DirettaNews riporta che i carabinieri stabilirono che Francesca era uscita di casa prima dell’alba con addosso fuseau neri e un giaccone color ruggine, una borsetta e pochi soldi.
Riapertura del caso?
I famigliari, che ricordano come Francesca non prendesse mezzi pubblici da sola, non ci stanno e a 25 anni dalla scomparsa della donna hanno presentato una richiesta alla procura di Pavia per riaprire il caso.
Come riporta La Provincia Pavese, la vicenda di Francesca è stata citata nella relazione dell’ufficio del Commissario straordinario per le persone scomparse il 20
febbraio 2020. Sono state lette le parole dei figli di Francesca, Patrick e Michael: “Ci piace pensare che sei da qualche parte nel mondo, felice e spensierata, e anche solo per un secondo stai pensando a noi”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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