
All'armi, eran fascisti. Anche queste elezioni europee sono passate con il più pacifico esito che accompagna le libere consultazioni in un Paese democratico: c'è chi ha vinto, chi ha pareggiato e chi ha perso. Avanti al prossimo appuntamento con le urne, specialità italiana che viviamo più con un senso di indolenza mediterranea che con l'orgoglio per essere interpellati in continuazione a scegliere i nostri rappresentanti. Molte previsioni sono state rispettate: lo sfondamento di Salvini, la regressione di Di Maio, la ripresa del Pd, l'avanzata del centrodestra. Solo una profezia non si è avverata, per fortuna: il ritorno del fascismo. Parola tragica che in Italia evoca subito una guerra civile senza fine. E forse proprio per questo viene utilizzata in modo strumentale a ogni campagna elettorale contro il favorito di turno.
Durante lo spoglio delle schede non si sono viste squadracce aggirarsi con il fez nei seggi o adunate oceaniche di giubilo a braccio teso per il responso delle urne. I fascisti-fascisti, quelli che per intenderci sono detestati da una destra liberale, sono usciti dal voto per quello che sono: pochissimi, isolati e senza consensi. Parliamo di CasaPound, lo spauracchio dei Saviano e della compagnia di giro mediatico-editoriale dell'antifascismo militante, quello dell'ora-e-sempre. Alle Europee la lista di estrema destra ha raggiunto risultati da prefisso telefonico del Varesotto, lo 0,33%. Tradotto in suffragi elettorali, appena 88.724. Ben più misero il bottino di Forza Nuova, anch'essa in lizza per un seggio al Parlamento di Strasburgo. Ovviamente potranno vedere l'aula plenaria solo da visitatori o tramite una diretta streaming. Il responso impietoso dello scrutinio ha eguagliato il prefisso telefonico di Biella, 0,15%. Una scelta per pochi, soltanto 40.782 suffragi. Cifre irrisorie dinanzi a un elettorato di 49 milioni di italiani, di cui 27 milioni di votanti effettivi.
Certo, ci spiegheranno che il fascismo oggi non è più un regime ma un pericoloso modo di concepire un esercizio di potere oppressivo e violento. Per coloro che ne sono ossessionati, tutto fa paura, comprese le tentazioni nostalgiche. Come quelle di farsi rappresentare a Strasburgo da uno o più componenti della famiglia Mussolini. Ma non è andata così. Alessandra, veterana delle aule parlamentari dal 1992, ha mancato la rielezione in Europa. La nipotina del Duce, nonché nipote di Sophia Loren, si è fermata al terzo posto tra i più votati di Forza Italia nella Circoscrizione Italia Centrale con 15.794 preferenze. Nulla da fare, bocciata.
E la stessa sorte è toccata al cugino di secondo grado, Caio Giulio Cesare. Era stato calato come asso nella manica da Fratelli d'Italia per coprire la fetta dell'elettorato vagamente suggestionato dal mito del Duce. Ma anche il figlio di Guido Mussolini, secondogenito di Vittorio, a sua volta figlio di Benito, si è fermato al quinto posto di lista nell'Italia Meridionale. Tante preferenze, 21.488, ma insufficienti per diventare eurodeputato.
In democrazia passa chi ha più voti, non chi fa più paura
a quegli «antifa» di professione che per mesi hanno scambiato i giubbotti di Salvini per una camicia nera. L'ondata fascista lasciamola ai libri di storia contemporanea. A noi è arrivata soltanto una goccia microscopica.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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