Quale grande ultima occasione ha il centrodestra per dimostrare a se stesso e all'elettorato tutto, di esistere come una forza politica? La grande occasione è ovviamente quella del Quirinale, grande non solo per l'importanza della posta in gioco per l'intero Paese, ma per dimostrare che la democrazia italiana, già orba di un centrosinistra laburista e riformatore, può almeno contare su un centrodestra solido, di vedute comuni sui grandi temi, anche in questo profondamente diverso da un centrosinistra ondivago e tentennante fra ideologismo e populismo.
In parole povere: dopo la batosta che la coalizione di centrodestra prese alle ultime comunali, perdendo Milano, Roma e Torino a causa di scelte che non concordavano con l'opinione e i sentimenti degli elettori, ma rispondevano soltanto ad una logica di spartizione dei partiti tra i partiti, oggi quella stessa coalizione ha la possibilità di riguadagnare l'immagine e la sostanza di uno schieramento affidabile, coeso e intelligente pur conservando le diversità e quando occorre persino le divergenze, ciò che avrebbe l'effetto di un vero servizio pubblico democratico nei confronti dell'elettore disorientato.
Adesso la battaglia del Quirinale non avrebbe le caratteristiche di una battaglia, se tutti nel centrodestra fossero d'accordo nel portare alla vittoria il nome del suo candidato senza occhieggiare, trattare, fare piani con frammenti dello schieramento avversario. Sappiamo tutti che i voti mancanti aritmeticamente sono recuperabili nelle aree liberali
Se prevalesse questa seconda tendenza, si tornerebbe alla situazione già vissuta (e non esaltante) delle elezioni perse nelle grandi città solo per impuntature evitabili. E in questo caso non soltanto si registrerebbe una sconfitta su un grande obiettivo istituzionale, ma il centrodestra svanirebbe nella memoria e nei desideri di un elettorato sempre più moderno e indipendente dalle direttive di partito.
Dal fronte opposto, specialmente nelle aree più liberali del disintegrato Movimento Cinque Stelle, ma anche nelle ampie zone di sofferenza del Partito democratico, i segnali favorevoli a una scelta liberale di centrodestra si moltiplicano e l'occasione storica è adesso. Non vogliamo dire «ora o mai più», ma certamente ora o chissà quando.
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