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Lo Sputnik 2 e quei quattro giorni di Laika: così morì nello spazio

Negli anni '50 gli scenziati sovietici scelsero una cagnetta randagia per compiere i primi passi del programma spaziale Sputnik. Si chiamava Laika, è passata alla storia come l'eroico cane spaziale sacrificato per la scienza

Lo Sputnik 2 e quei quattro giorni di Laika: così morì nello spazio

Orecchie basse per lo spavento, respiro affannato per la temperatura altissima, ma muso dritto e sguardo curioso rivolto verso il piccolo oblò, che dopo il ruggito del razzo spaziale, mostra l’incredibile: la Terra nella sua interezza, piccola enorme sfera celeste, e più in là, nell’oscurità infinita dello spazio sconosciuto, le stelle. Ai “comandi” del satellite Sputnik 2, il 3 novembre 1957, c'era la piccola Laika, che volava impavida a centinaia di chilometri d'altitudine sulle strade di Mosca dove era stata cagnetta randagia, prima di raggiungere la popolarità interplanetaria, e diventare l’apripista di cosmonauti leggendari come Yuri Gagarin.

Una storia triste, un sacrificio necessario, secondo molti. Un'atroce violenza sugli animali, secondo altri. Ma soprattutto un mistero che a lungo vide dati non concordanti sul destino di Laika, bastardina husky/spitz che è passata alla storia come il cane spaziale scelto dal Cremlino per la missione suicida che la costrinse a dare la vita per il suo paese. Diventando popolare in tutta l’Unione Sovietica e nel Mondo.

Il programma Sputnik e la sfida della sopravvivenza nello spazio

Dopo il lancio dello Sputnik 1, avvenuto con successo 4 ottobre 1957, gli scienziati sovietici vollero immediatamente alzare la posta, per ottenere un vantaggio ancora maggiore sull’agenzia spaziale statunitense, che nel contesto della corsa allo spazio rappresentava uno degli scenari principali del confronto tra Usa e Urss durante la Guerra Fredda. Lo Sputnik 1 - che venne osservato nella sua orbita dagli Stati Uniti, invidiosi, intimoriti e sconcertati dal successo della tecnologia russa - era una sfera delle dimensioni di un grane pallone da spiaggia, con quattro lunghissimi aculei, che emettevano solo segnali acustici durante la sue orbita intorno alla Terra.

Modellino di Sputnik

Lo Sputnik 2, che avrebbe inflitto un secondo durissimo colpo ai contendenti americani, venne strutturato per essere un vettore molto più complesso ed elaborato: una vera e propria navicella spaziale, seppur di dimensioni assai ridotte. Alta 4 metri e largo 2, sarebbe arrivata a pesare oltre 500 chili. Adibita per il trasporto di diversi strumenti per la misurazione scientifica delle radiazioni solari e dei raggi cosmici. Questo veicolo spaziale poteva ospitare in una cabina essenziale, un piccolo passeggero a quattro zampe che si rivelò essere Laika, dotata di elettrodi per monitorare le funzioni vitali e di “razioni spaziali” per nutrirsi durante il viaggio, composte da cibo e acqua gelatinizzati (ha dichiarato in passato la Nasa). Il problema tuttavia era un altro: il breve tempo nel quale tutto doveva essere pronto per il lancio. Il secondo grande passo del progetto Sputnik fu affrettato dalla ricorrenza del quarantesimo anniversario della rivoluzione bolscevica. Non si poteva tardare.

La “premura” dei sovietici

I reclutatori di cosmonauti a quattro zampe iniziarono la ricerca di una volontaria in un branco di cani randagi femmine, data la minore stazza e l'idea che si sarebbero rivelate più docili durante i test: in base ai criteri di obbedienza e passività sfoltirono la rosa delle ignare candidate, fino a ottenere tre finaliste che brevettarono minuscole capsule pressurizzate prima per giorni, poi per settimane, al fine di certificare che la loro vita nella missione spaziale sarebbe stata preservata (obiettivo principale dell'esperimento). Gli scienziati sovietici verificarono e registrarono tutte le reazioni ai cambiamenti della pressione atmosferica e ai rumori forti che avrebbero accompagnato il lancio del razzo al decollo. Il cane scelto per la missione fini per essere Kudryavka - poi rinominata Laika (poiché aveva abbaiato durante la sua presentazione alla radio) - mentre Albina, che inizialmente sarebbe stata la prescelta, venne scartata perché aveva dato alla luce dei cuccioli. Venne tenuta come equipaggio di riserva.

Modellino di Sputnik

Laika invece, la prescelta, venne preparata alla missione ma trascorse le sue ultime giornate prima della partenza - almeno secondo quanto viene raccontato - a casa di uno dei suoi guardiani, Vladimir Yazdovsky, il quale voleva fare qualcosa di carino per quel cane coraggioso. All'alba del 3 novembre, il cane spaziale del Cremlino era tolettato, armato di sensori e imbracato in quella che poteva sembrare una una tuta spaziale provvista di dispositivo igienico-sanitario. Alle 5.30 il razzo decollò, sottoponendo Laika a una accelerazione gravitazionale superiore a cinque g. Molti dei progettisti erano convinti che il cane non sarebbe sopravvissuto alle sollecitazioni del decollo o sarebbe morto per mancanza di ossigeno una volta arrivato nello spazio. Invece i dati dicono il contrario. Leika superata l'atmosfera era ancora viva al suo posto. Abbaiava nello spazio.

Un viaggio senza ritorno

Documenti declassificati dai sovietici molti anni dopo il lancio dello Sputnik 2 mostrarono come la respirazione di Laika fosse affannata ma presente. Raggiunse l'orbita viva, e sebbene i documenti, e le falsificazione che ne seguirono abbiamo a lungo celato la verità, sopravvisse almeno 103 minuti - secondo le prime informazioni divulgate dai russi. Altre informazioni però, in seguito, sostennero che la piccola Laika era sopravvissuta addirittura una settimana, mentre la navicella continuava a orbitare intorno alla Terra. Molti furono i giunti alle basi terrestri prima che il 10 novembre le batterie dello Sputnik finirono per esaurirsi definitivamente, impedendo al satellite di trasmettere. Da quel momento in poi, il veicolo spaziale continuò a girare intorno alla Terra. Per fermarsi il 14 aprile 1958, dopo aver compiuto ben 2.570 orbite intorno al pianeta.

Secondo la Nasa di quei 162 giorni in orbita, Laika, il cane spaziale, né visse almeno quattro prima di morire. Si pensa a causa del surriscaldamento dell’abitacolo, provocato dalla perdita di uno scudo termico durante il decollo, che avrebbe portato in breve la temperatura a bordo a oltre 90° centigradi. Una morte terribile per una piccola eroina che era sopravvissuta al trambusto del lancio e al volo nello spazio che l’avevano terrorizzata. I dati riportarono che il suo battito cardiaco si era triplicato rispetto alla frequenza normale e che la frequenza respiratoria era di quattro volte superiore alla norma. Questa sofferenza dimostrava tuttavia che sopravvivere nello spazio era possibile.

Area per cani a Firenze intitolata a Laika

Ma Laika sarebbe morta lo stesso, e i sovietici lo sapevano già alla sua partenza: non possedevano le tecnologie necessarie per recuperare lo Sputnik, né la navicella avrebbe potuto resistere al calore e alle sollecitazioni della fase di rientro nell’atmosfera. Secondo alcune fonti dell’epoca, il 14 aprile molti cittadini di New York notarono una lunga scia infuocata tagliare il cielo. Era quanto restava dello Sputnik che si sarebbe schiantato nell’impenetrabile regione amazzonica.

L'Unione Sovietica raggiunse il traguardo di mandare un uomo nello spazio il 12 aprile 1961. Quando lanciò il cosmonauta Yuri Gagarin per la missione orbitale, che però lo vide tornare sano e salvo sulla Terra.

Strano a pensarsi, ma il più grande successo dell’Unione Sovietica deve molto al coraggio di Laika; il più famoso ed eroico dei cani spaziali, la cui memorie rivive in chi scopre, spesso per caso, la sua incredibile storia.

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