L'unico boom economico? Per l'azienda di Casaleggio

Gli affari del guru

L'unico boom economico? Per l'azienda di Casaleggio

Ora lo avete sentito, finalmente? Cosa? Ma il grande boom economico prospettato da Luigi Di Maio lo scorso 11 gennaio. Il vicepremier e ministro dello Sviluppo economico aveva annunciato in pompa magna che l'Italia, come a bordo della DeLorean di Ritorno al futuro, sarebbe tornata ai fasti del boom economico degli anni 50. Luigino fu deriso e spernacchiato dalla stampa cattiva dai tecnici ovviamente anti governativi. Ma a lui i conti tornavano. E nel suo piccolo aveva ragione. Nonostante la recessione tecnica bollinata due giorni fa dai noti rivoltosi dell'Istat (quarto trimestre consecutivo in negativo: -0,2%), il calo della produzione industriale e quindi della domanda interna e la diminuzione dei contratti a tempo indeterminato (cioè l'esatto opposto di quello che il Decreto dignità sperava di ottenere); nonostante tutto questo per qualcuno un piccolo boom c'è stato. E non sono solo le decine di deputati grillini che con la loro elezione sono passati da reddito zero a un sontuoso reddito di cittadinanza da parlamentare. Il boom si è avvertito a Milano, dalle parti di via Morone, pieno salotto meneghino, sede della Casaleggio Associati. Il cuore pulsante del Movimento che poi, in realtà, ne è anche la cassaforte. E, come rivelato nei giorni scorsi dalla Adnkronos, i rivoli di danaro che raggiungono la Casaleggio continuano a moltiplicarsi. Giorno dopo giorno.

La storia: gli eletti pentastellati devono corrispondere una parte del loro stipendio al «comitato rimborsi», che poi procede alla distribuzione del denaro in donazione per il microcredito. Ma c'è un «ma». Una postilla, infatti, impone che i soldi eccedenti verranno devoluti all'«Associazione Rousseau», presieduta da Davide Casaleggio. Quindi non ai cittadini, bensì alla azienda madre. Privata. E i deputati iniziano a chiedersi: ma quanto ci costa questo Rousseau? Anche perché gli stessi parlamentari ogni mese versano 300 euro per la sussistenza della piattaforma. Non si tratta di spiccioli: essendo 331 gli eletti del M5S tra Camera e Senato, la Casaleggio incassa ogni mese 99.631 euro dai parlamentari, che diventano più di un milione ogni anno e quasi sei milioni se la legislatura dovesse arrivare a fine mandato. Un tesoretto al quale adesso si aggiungono i soldi eccedenti dai rimborsi. E ora il boom forse iniziamo a sentirlo. Ma riguarda solo una piccola azienda privata che - in barba a tutte le logiche - gestisce una bella fetta della nostra democrazia. Perché, di fatto, gli eletti del Movimento 5 Stelle lavorano per la Casaleggio Associati, e lo fanno ancor prima di essere rappresentanti e dipendenti del popolo italiano (come amava ricordare Beppe Grillo durante i suoi spettacoli agli albori del Movimento: «I politici li paghiamo noi, quindi sono nostri dipendenti». Se così fosse, per la proprietà transitiva, siccome Casaleggio riceve i soldi dai parlamentari, dovrebbe anch'egli essere un dipendente del popolo italiano. Invece è solo il ceo della sua azienda).

Ma gli affari della Casaleggio non finiscono qui. Appena insediatisi nelle stanze dei bottoni i grillini hanno deciso di dare impulso alla tecnologia blockchain. Scelta buona e giusta. Ma certamente colpisce la tempestività con la quale - nei primi e convulsi mesi di governo - si è deciso di puntare su una tecnologia importante ma non prioritaria. Nel comma 20 dell'articolo 19 della Finanziaria, viene istituito un fondo per lo sviluppo tecnologico (tra le quali ovviamente compiono la blockchain e gli studi sull'intelligenza artificiale) per il quale sono stati stanziati 45 milioni di euro per il triennio 2019-2021. Per carità: il futuro va in quella direzione ed è giusto che anche l'Italia si adegui. Ma colpisce che proprio nello scorso anno la Casaleggio Associati abbiamo dato alle stampe tre paper su queste tecnologie, peraltro sponsorizzati da partecipate statali. Quindi: mentre Casaleggio fa l'evangelista della blockchain («è il grande affare del futuro», ha avuto modo dire in una recente conferenza), il governo gialloverde investe sulla stessa tecnologia.

Ad essere grillini verrebbe quasi il dubbio che ci sia un conflitto di interessi. Nel frattempo c'è una sola certezza: ha ragione Di Maio, l'economia va molto bene. Ma solo dalle parti della Casaleggio. Ai grillini piace molto fare i pauperisti francescani. Ma con il portafoglio degli altri.

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