Madonna di Campiglio, miracolo di neve e buon gusto

Madonna di Campiglio, miracolo di neve e buon gusto

Campiglio è una Madonna di quasi settant'anni, che si tiene sempre in forma. Si dedica anche a un po' di struscio ma senza fare troppo tardi, ché il giorno dopo si scia tutto il giorno, e se la neve è quella cannonata tutte le notti (qui meno bellicosamente preferiscono l'aggettivo: generata) poco importa in fondo.

L'età di Campiglio, come dicono tutti, ché a dire Madonna passi subito per parvenu, si calcola comunemente da quel 1947 di luminosi e svariati avveniri in cui alcuni imprenditori locali si accordarono per la costruzione del primo vero impianto di risalita - le località di montagna le fanno le cabinovie più delle piste -, la seggiovia Spinale, che portava duecento sciatori all'ora 570 metri più in su del paese. In realtà (Madonna di) Campiglio l'avevano già inventata alla fine del XIX secolo Giovanni Battista Righi, che aveva ereditato i ruderi del monastero-ospizio che per secoli aveva accolto i viandanti bisognosi e aveva deciso di puntare su altri viandanti, quelli danarosi, per i quali aveva creato il primo albergo, lo Stabilimento Alpino; e dopo Franz Joseph Oesterreicher, che ebbe l'idea di marketing territoriale ante litteram di portare qui l'aristocrazia da Vienna. Un jet set asburgico la cui star era la bella Elisabetta di Baviera in arte Sissi. La mitica principessa (o duchessa, vai a sapere), poi impersonata al cinema da Romy Schneider, trascorse al des Alpes di Campiglio non più di un paio di vacanze, abbastanza da costruirci su una leggenda locale che oggi ha il suo clou nel Carnevale Asburgico che a fine febbraio rievoca i fasti di corte con un gran ballo in costumi d'epoca (a noleggio) in uno scialo di alamari, baffoni e stole che nemmeno Cinecittà. Un kitsch d'alta quota che però pare piacere assai, perché se la vita deve essere film almeno per una sera non puoi andare troppo per il sottile.

Con buona pace di Sissi però Campiglio è altro. È una roba per sciatori tosti che il tardo pomeriggio percorrono viale Dolomiti di Brenta con gli scarponi ai piedi dopo le fatiche delle piste. Questa è la skiarea più vasta del Trentino, contando anche Pinzolo, che «fa» comune, e di Folgarida-Marilleva. Centocinquanta chilometri di piste tutte connesse, roba che uno può sciare tutto il giorno e forse anche tutta una settimana su piste differenti senza ripassare dal via. Altri numeri: 500 maestri, 60 impianti di risalita, 4 snow park per chi preferisce lo sci con la tavola, 22 ristoranti sulle piste. Soprattutto il 95 per cento delle piste con l'innevamento programmato garantito, una polizza salvastagione che fa storcere il naso a puristi della neve naturale e ambientalisti da sbarco (anche se grazie al bacino Montagnoli l'impatto ambientale è minimo) e sorridere quasi tutti gli altri. Anche perché ormai ogni anno è la stessa faccenda: fino a Natale e anche oltre la neve vera è un miraggio e quindi tocca affidarsi ai cannoni che trasformano il panorama in un surreale presepe assolato trafitto da alcuni white carpet dalla sagoma perfetta. «Ma sì, ovvio che la neve naturale sia più bella, ma ha visto che spettacolo?», ci dice Albert, sciatore grondante ghiaccio e sudore che risale sulla vertiginosa cabinovia dei Cinque laghi, e ci guarda sogghignando, noi unici passeggeri con il cappotto e le sneaker a dondolare pochi metri sopra la pista affollata.

Lo sport è una cosa seria, per la settantenne Madonna fit-addicted. L'evento dell'anno è lo slalom del 3Tre, la più antica gara italiana di Coppa del Mondo, in notturna. Quest'anno ha vinto il norvegese Henrik Kristoffersen ma terzo è arrivato il nostro Stefano Gross, facendoci un po' dimenticare il fatto che un italiano non trionfa dal 2005, fu Giorgio Rocca. E quando non si scia si lavora comunque di brutto. Si fa lo scialpinismo, che se non abbiamo capito male è una cosa che tu vai contromano rispetto a tutti gli altri risalendo le piste un po' con gli sci, un po' a piedi e poi si usano le pelli di foca che però è roba sintetica altrimenti chi la sente la Bardot? Il 28 gennaio prossimo alcune centinaia di tizi si sfideranno, contenti loro, nella Vertical Up su un percorso con pendenza del 35 per cento. Qui poi i motori sono sacri, l'Audi mette le sue quattro palle su tutto, nel 2011 una Ferrari di F1 scese sulla Pancugolo, e il campigliese di adozione Maurizio Arrivabene, direttore della scuderia di Maranello, si inventò l'evento di varia motoristicità Wroom, da lui definito il «ventunesimo gran premio».

Campiglio è fatta di piccoli riti domestici. I vip ci sono, oltre ai piloti di F1 sono passati di qui George Clooney, Paris Hilton, Naomi Campbell. Cristina Parodi scia che è una bellezza ed è testimonial di Magica Cleme, l'evento benefico che accende di fiaccole il centro. Ma tutti si adeguano ai ritmi rilassati, cercando di mischiarsi ai pochi locali al Suisse per l'aperitivo a base di Ferrari, oppure nel più metropolitano Piano 54 o alla Châlet Fiat.

Per la cena ci sono due stellati, il Gallo Cedrone dell'hotel Bertelli e il Dolomieu, ma poi succede che quasi tutti finiscono prima o poi nella birreria con cucina Home Stube, a farsi servire stinchi di maiale e hamburger di cervo da belle ragazze in camicia a quadretti.

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