Manca il lavoro o i lavoratori?

Smettiamola di coccolare e giustificare a priori questi giovani disoccupati, vittime della società cattiva e cinica

Manca il lavoro o i lavoratori?

La mancanza di lavoro è certamente un dramma di non facile soluzione, soprattutto se il governo - come sta facendo Di Maio - fa di tutto per complicare la vita a chi dovrebbe offrirlo, cioè agli imprenditori grandi e piccoli. Ma non facciamo gli ipocriti: nessuna riforma può creare un nuovo posto di lavoro, al massimo può ostacolarlo o agevolarlo. Il lavoro nasce da un libero incrocio tra domanda e offerta, qualsiasi siano le condizioni. In tempi di crisi, come quello che da anni stiamo vivendo, l'offerta è certamente bassa, ma se Dio vuole non è a zero. Di lavoro ce n'è più di quanto si immagini, è che spesso mancano i lavoratori. Può sembrare un paradosso ma è la realtà.

Negli scorsi giorni un noto e bravo imprenditore del Nord mi ha raccontato scoraggiato la sua odissea per mantenere gli organici a regime, sia quantitativo che qualitativo. Ha un'azienda che si occupa della catena del freddo e rifornisce importanti supermercati, un ciclo continuo molto delicato. Mi ha detto che molti giovani rifiutano l'impiego (stipendio attorno ai 1.500 euro) o lo abbandonano subito quando scoprono che devono turnare anche di notte e nei giorni festivi. E poche settimane fa ho partecipato a una trasmissione in cui degli albergatori e ristoratori della costa amalfitana lamentavano la difficoltà a trovare personale per la stagione. Interpellato mentre era in piazza a bighellonare e lamentarsi, un ragazzo del posto disoccupato ha spiegato: «Io non mi faccio il mazzo per soli 1.300 euro, meglio stare a casa».

Ora mi chiedo: quale riforma, quale legge può convincere quei giovani ad andare a lavorare come fecero in condizioni ben peggiori i loro padri e i loro nonni? Come si fa a spiegare loro che nel lavoro non è importante la porta d'ingresso, ma percorrere con sacrificio e impegno il corridoio che ti può portare ad alloggi più comodi e piacevoli? Qui non manca solo il governo, che pensa di venire incontro a questi disgraziati con un bel reddito di cittadinanza che li renderà ancora più fannulloni.

Qui sono mancate le scuole, è mancata la famiglia (penso alla mia, che pure non era in povertà, e che dai quattordici anni in poi ogni estate mi spediva a lavorare, così oggi posso vantare di avere fatto il benzinaio, il fattorino e il mozzo sui battelli del lago di Como).

Smettiamola quindi di coccolare e giustificare a priori questi giovani disoccupati, vittime della società cattiva e cinica. Non sempre, ma il più delle volte non manca il lavoro, mancano i lavoratori.

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