Il vaccino per il coronavirus si potrà avere “forse anche entro un anno”. Si dice ottimista Rino Rappuoli, direttore scientifico di Gsk vaccini perché il nostro sistema sa come farlo.
Il microbiologo sottolinea che le tecnologie sono avanzate molto, in particolare alcune soltanto sei anni fa erano pionieristiche, mentre oggi sono invece a disposizione dei migliori professionisti del settore. Rappuoli spiega che prima di tutto occorre avere la sequenza genetica del virus, quest’ultima disponibile dal 7 gennaio. Poi “si possono realizzare vaccini anche in una settimana, utilizzabili però soltanto in laboratorio e su modelli animali - precisa il microbiologo -, dopodiché vanno provati nell'uomo e questo comporta due fasi, per una durata complessiva di almeno sei mesi”. In un'intervista al Corriere della Sera, il direttore scientifico evidenzia che da gennaio ci sono decine di laboratori nel mondo impegnati a lavorare sul vaccino e precisa che alcuni potrebbero iniziare tra poche settimane le sperimentazioni preliminari sull’uomo.
Inoltre, dal 2010 esistono tecnologie in grado di essere applicate a più vaccini, come raccontato da Rappuoli. Il microbiologo fa l’esempio del vaccino approvato a dicembre 2019 per Ebola, che teoricamente potrebbe essere utilizzato anche per un vaccino contro il coronavirus. A questo proposito, il direttore scientifico spiega che per Ebola esiste un impianto di produzione già pronto. “Quello che va fatto - precisa Rappuoli - è sostituire il gene che codifica per la proteina del virus Ebola con un gene che codifichi per la proteina del nuovo coronavirus. C'è chi ci sta già lavorando, mentre altri gruppi stanno percorrendo la stessa strada usando adenovirus”.
Rappuoli precisa che i vaccini classici sono basati invece sulla produzione di una proteina del virus. Quest’ultima viene poi iniettata nell’uomo con o senza adiuvanti, ovvero preparati in grado di facilitare la risposta immunitaria. “La realizzazione di questi vaccini richiede più tempo - prosegue il microbiologo - perché per approntare la proteina ci vogliono almeno sei mesi e non bastano certo poche settimane in laboratorio”. Il direttore scientifico evidenzia che il loro vantaggio è data dal fatto che poi possono essere prodotti in grandi quantità e funzionano bene.
“Per farli "lavorare" in modo efficiente contro il coronavirus serviranno anche adiuvanti - prosegue - e per svilupparne di adatti all'uomo ci vogliono molti anni".Rappuoli è in contatto con chi prende le decisioni per contrastare l’epidemia e ricorda che "per adesso gli unici mezzi che abbiamo sono soltanto l'isolamento e la quarantena”.
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