Migranti, il vescovo Suetta: "Giusto accogliere ma anche aiutarli a casa propria"

“I migranti vanno aiutati in casa propria, ma ciò non vuole esprimere l’idea di un respingimento, una mancanza di accoglienza, di fronte a chi scappa dalla guerra"

Migranti, il vescovo Suetta: "Giusto accogliere ma anche aiutarli a casa propria"

“I migranti vanno aiutati in casa propria, ma ciò non vuole esprimere l’idea di un respingimento, una mancanza di accoglienza, di fronte a chi scappa dalla guerra, ma un impegno della comunità internazionale a rimuovere le cause che costringono queste persone a perdere le proprie radici”. Lo ha affermato, in un’intervista a Il Giornale, il vescovo della diocesi di Ventimiglia e Sanremo, Antonio Suetta, smentendo le voci secondo cui condividerebbe la politica di Salvini sugli sbarchi.

Entriamo subito nel vivo della questione. Quindi, lei condivide la politica di Salvini sugli sbarchi?

“Non voglio entrare in questo argomento, perché è un aspetto così puntuale e tecnico e fortemente politico, specie in questo momento. Non tocca a me fare questo discorso. Dico, chiaramente, che è responsabilità di ogni istituzione, e di ogni persona che fa parte delle istituzioni, contemperare in vista del bene comune e dei tanti valori che vanno salvaguardati, l’esigenza assoluta e primaria della solidarietà e la tutela di tutti quei presidi che un governo deve garantire ai propri cittadini. Credo che la saggezza di una buona attività politica sia quella di non contrapporre e non esasperare esigenze di parti diverse, altrimenti si genera il conflitto sociale. L’azione saggia di un buon governo è di armonizzare le diverse esigenze, chiedendo a tutti disponibilità da una parte a dare e dall’altra a rendersi attenti e sensibili anche ai problemi degli altri. Il dire che io condivido la politica di Salvini, assolutamente non rispecchia il mio pensiero, né le mie parole. Resto perplesso di fronte a dei toni che sono esacerbati e questo non lo posso condividere. Quando le questioni vengono trattate a slogan è impossibile procedere con ragionevolezza, serenità e buoni risultati, perché gli slogan non rendono mai ragione della realtà. Non condivido una politica e benché meno un linguaggio di rifiuto, chiusura e contrapposizione, ma affermo che le diverse questioni che sono in gioco, vanno, con attenzione e spesso anche con fatica, armonizzate e compensate nella prospettiva di non perdere di vista i valori più importanti: primo fra tutti, l’umanità. Allora, nessuna condivisione con la politica di Salvini. L’ho già fatto presente ed ho avanzato le mie rimostranze, perché ciò che è stato detto non corrisponde al mio pensiero e alle mie dichiarazioni. Si tratta di ingiustizia e disonestà intellettuale”

Qualcuno ha parlato di una sua posizione più rigida verso i migranti, rispetto ad alcuni fa, quando salì sulla scogliera dei Balzo Rossi, a Ventimiglia, per rivendicare il diritto di queste persone a raggiungere la Francia

“Nessun cambiamento di rotta. Ho fatto un ragionamento e sono anche dispiaciuto che qualcuno non lo abbia recepito in maniera corretta. Ho detto che l’accoglienza dei migranti, perché di questo si parla, in linea profondissima con quanto il Santo Padre continua a ripetere, è costituita di fasi diverse e successive. C’è una prima fase dell’accoglienza di fronte a una necessità immediata, mi riferisco in primo luogo al pericolo di vita. Chiaramente questa accoglienza deve essere garantita, senza se e senza ma, in quanto non ci si può sottrarre dal dare una risposta. Naturalmente, vi sono altre fasi dell’accoglienza che devono condurre al traguardo pieno di una autentica integrazione. Ciò richiede ulteriori riflessioni e modalità diverse rispetto alla prima fase e una valutazione delle possibilità concrete che ci sono, delle risorse che sono in campo e anche, per ciò che ci riguarda nel contesto europeo, una giusta sinergia e collaborazione da parte di tutti gli Stati dell’Europa e a livello internazionale".

Da quando c’è il nuovo governo, è notizia di questi giorni, si sono registrati meno sbarchi, ma anche meno morti in mare

"Non conosco le statistiche. Comunque credo che è anche qui le prospettive in cui considerare il fenomeno siano molteplici, perché da una parte è evidente che occorrerebbe istituire con urgenza dei corridoi umanitari, ma dall'altra bisognerebbe evitare il più possibile che queste persone disperate siano costrette ad affrontare viaggi avventurosi. E’ chiaro che nella misura in cui calano i viaggi avventurosi, diminuiscono anche i rischi e le vittime. Bisogna dire che la modalità per ridurre questi viaggi non è quella del respingimento puro e semplice, ma bisogna mettere in atto alternative migliori, ad esempio i corridoi umanitari o altre forme di gestione del fenomeno".

La Chiesa sta capendo che un’accoglienza così indiscriminata non fa bene a nessuno?

"La chiesa lo ha sempre detto nel suo ininterrotto magistero. Prendo come punto di partenza San Giovanni Paolo II, che ha sempre insistito sulla assoluta necessità di solidarietà e accoglienza, principio di umanità e fede evangelica; da anche sulla ragionevole considerazione di tanti fatti concomitanti, che attengono alla responsabilità politica di chi governa uno stato. Stesso ragionamento è quello di Benedetto XVI, il quale ha molto spesso sottolineato, che prima del diritto a emigrare, c’è il diritto a non emigrare, cioè il dovere della comunità internazionale di rimuovere la cause che obbligano queste persone disperate, a partire. Papa Francesco ha sempre declinato il tema dell’immigrazione partendo dall’accoglienza di chi bussa alla nostra porta, fino ad arrivare alla vera integrazione delle persone accolte. E ciò comporta diverse fasi e approcci non contraddittori, ma devono essere saggiamente integrati”.

Lei sostiene che è meglio aiutare lo straniero in casa propria, affinché non perda le proprie radici.

"Sì l’ho detto, ma non vuole essere uno di quegli slogan che vuole esprimere l’idea del respingimento. Si tratta, invece, di un lavoro serio, organizzato, attento, costante e sinergico per rimuovere le cause che spingono queste persone a lasciare la propria terra. Due principi dobbiamo riconoscere: nessuno deve essere costretto a lasciare la propria terra: al di là di ogni forzatura bisogna riconoscere a chiunque, di qualunque parte del mondo, se lo desidera, di spostarsi in maniera libera. Un conto, poi, è chi scappa perché c’è la guerra e questa è una situazione di ingiustizia. Un altro è chi sceglie di spostarsi, come atto di volontà. Non sono la stessa cosa. Nel primo punto ci troviamo di fronte a un carattere di urgenza e percolo; nel secondo di fronte a una decisione libera.

Serve un lavoro serio da parte della comunità internazionale, in modo che se c’è guerra, si possa superare la guerra e stesso discorso con lo sfruttamento, l’ingiustizia sociale e la miseria. Questo è l’unico modo per affrontare il fenomeno dell’immigrazione”.

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