Coronavirus

"Militari in strada contro l'epidemia? Non servono"


Le Forze Armate nella trincea del coronavirus? Ecco il parere di Andrea Margelletti, presidente Cesi

"Militari in strada contro l'epidemia? Non servono"

Nei 35 posti di blocco attorno ai 10 Comuni lombardi e a Vo’ in Veneto (la “zona rossa” del coronavirus in Italia) il Ministero della Difesa e lo Stato Maggiore hanno impiegato 500 militari. Si tratta di un’area di 188 chilometri quadrati e 52.300 abitanti. La città di Milano, esclusi i 133 Comuni che compongono l’area metropolitana, si estende per oltre 181 chilometri quadrati con circa 1 milione 390mila abitanti. Secondo i calcoli aritmetici del professor Giuseppe De Nicolao dell’Università di Pavia (non è un virologo, ma un ingegnere che insegna analisi dei dati), nelle prossime 48 ore i cittadini italiani positivi al coronavirus potrebbero essere oltre 14mila. Mentre scriviamo ora sono 3.296. Cinque volte in meno. Uno scenario davvero inquietante, risultante- lo ripetiamo- da calcoli matematici. Una simulazione numerica che vedrebbe la sola Lombardia con 6.600 cittadini positivi al COVID-19. E che non escluderebbe, a esponenzialità del contagio invariata, un allargamento dell’attuale “zona rossa”. “Mi pare che non siamo in questa situazione. E speriamo di rimanerne ben lontano!”: il disincanto romano del professor Andrea Margelletti è figlio di ragionata speranza, non solo di ottimismo della volontà. Presidente del Cesi, Centro Studi Internazionali, Margelletti è uno dei principali esperti in Italia di questioni militari, docente all’università di Perugia nonché consigliere della Difesa per la sicurezza e il contrasto al terrorismo.

Professor Margelletti negli undici Comuni dichiarati “zona rossa” è presente un militare ogni 100 abitanti. A Milano con questa proporzione ne servirebbero 13.500 circa…

“La fermo subito. In primis in nessuna ipotesi di impiego dei militari, e sottolineo nessuna, esiste un modello applicativo standard. L’impiego è, mi passi il termine, sartoriale rispetto alla situazione in cui i soldati sono chiamati a intervenire. Cucito su misura. Nei Comuni della zona rossa il Ministero della Difesa e lo Stato Maggiore hanno ritenuto congruo l’impego di 500 militari in relazione all’isolamento di una porzione del territorio nazionale. A Milano bisognerebbe, per ipotesi, capire il tipo d’intervento. Una cosa è il pattugliamento sic et simpliciter come a Codogno o a Vo’ in Veneto. Ma se, ad esempio, si verificassero episodi di sciacallaggio o di criminalità comune come all’Aquila dopo il sisma del 2009, allora lo scenario cambierebbe. Quindi il numero degli effettivi da impiegare sul campo è una variabile assolutamente dipendente da tutti questi fattori, non una proporzione numerica con il numero di abitanti”.

Quindi l’impiego dei militari è un’ipotesi remota?

“Assolutamente sì! È il pulsante rosso, l’ultima spiaggia in criticità davvero gravi e straordinarie. Per fortuna ora non ne vedo le condizioni. Inoltre il ministro della difesa Lorenzo Guerini, lodigiano e quindi anche emotivamente coinvolto dal principale focolaio dell’epidemia in Italia, ha saggiamente deciso di non militarizzare la gestione dell’emergenza sanitaria, limitandosi a consentire l’impego delle Forze Armate per un lavoro di squadra, laddove le mimetiche operano in attività di supporto alle strutture civili già esistenti. In un momento in cui la gente è spaventata, la Difesa avrebbe potuto premere per la militarizzazione della gestione dell’epidemia. Bene ha fatto a non pensarci neanche. Secondo me, se avessimo avuto in questa fase un impiego massiccio di militari per le strade, ci sarebbero stati effetti disastrosi sulla tranquillità dei cittadini, già messa a dura prova”.

Negli occhi dell’opinione pubblica sono rimaste impresse le immagini televisive giunte da Wuhan e dalla Cina nei giorni scorsi: militari con la mascherina protettiva sul volto che pattugliano stradoni deserti…

“Ma la situazione in Cina non è paragonabile alla nostra! Intanto per le dimensioni dei centri abitati e, soprattutto per il conteggio dei contagiati e dei ricoverati. Su cui ci sono più speranze che riscontri oggettivi, mi pare”.

Da ieri, 5 marzo, presso l’ospedale di Lodi sono operativi 10 medici e 14 infermieri militari, più altri 10 medici e 8 infermieri in provincia di Bergamo, soprattutto per l’ospedale di Seriate. Che ruolo può ricoprire la sanità militare italiana, 3.700 effettivi secondo una deliberazione della Corte dei Conti del 2019?

“Il senso delle Forze Armate è elaborare piani. Cioè qualora fosse necessario implementare la sanità civile, la sanità militare italiana è operativa in questo senso. Certamente ci sono le professionalità mediche presenti nelle Forze Armate e le infrastrutture di pertinenza dei militari. L’ospedale militare di Baggio a Milano è un esempio, ma è possibile implementare le strutture. C’è anche il Policlinico del Celio a Roma. Parliamo di realtà d’eccellenza. Ricordo a tutti che nei primi giorni della crisi coronavirus l’Aeronautica Militare ha recuperato in giro per il mondo cittadini italiani, da Niccolò e gli altri nostri connazionali bloccati a Wuhan fino ai passeggeri della nave da crociera Diamond Princess. Lo ha fatto con velivoli dotati di attrezzature sanitarie per il biocontenimento. Queste persone sono rientrate in ambienti sanitariamente controllati. Non credo che ci siano altri Paesi europei così attrezzati, in questo senso”.

Se un focolaio di epidemia si accendesse in una struttura carceraria e non fosse più possibile per questo trasferirvi persone in stato di arresto e anzi fosse necessario trasferire altrove i detenuti sani?

“Mamma mia, che scenari! Le Forze Armate in questo caso potrebbero essere d’ausilio all’amministrazione penitenziaria per individuare strutture, per esempio tra le caserme dismesse, adattabili alla detenzione carceraria. Ma null’altro. La materia resterebbe interamente di competenza del ministero di Giustizia”.

La legge marziale conferisce, in casi straordinari di emergenza nazionale, l’amministrazione della giustizia ai tribunali militari. Nel caso in cui l’epidemia si propagasse in modo importante (ad esempio il sociologo Luca Ricolfi ha ipotizzato parecchi milioni di italiani contagiati entro Pasqua, il 12 aprile) sarebbe ipotizzabile in Italia?

“La legge marziale è la sospensione delle libertà civili dei cittadini. Ma siamo sideralmente lontani da quella situazione, per fortuna. E per me nessuno che non sia addetto ai lavori, scienziati epidemiologi e così via, è in grado di prevedere gli sviluppi dell’epidemia nei prossimi giorni. Ripeto: l’impiego massiccio delle Forze Armate può essere giustificato da gravissime criticità o da specifici compiti, come l’operazione “strade Sicure” contro il terrorismo jihadista. Oggi, 6 marzo 2020, in Italia non c’è neanche l’ombra di queste circostanze eccezionali.

Penso che ancora possiamo poggiarci sul buonsenso e la responsabilità dei singoli cittadini a fare ciascuno il possibile per rallentare il contagio”.

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