Coronavirus

"Bisognerà mantenere distanze almeno fino al 2022"

Gli studiosi americani ipotizzano un distanziamento sociale fino al 2022, con "misure a rubinetto" che si apriranno o chiuderanno in base all'esigenza del momento. Per la prestigiosa rivista inglese Nature, invece, per adesso non c'è una chiara strategia per venirne fuori

"Bisognerà mantenere distanze almeno fino al 2022"

Se pensavamo di cavarcela in un paio di mesi per ricominciare ad essere "affettuosi" l'uno con l'altro abbiamo sbagliato a fare i calcoli. Chi li fa, invece, ci pone in una prospettiva scoraggiante: fino al 2022 niente baci, abbracci o strette di mano. Le misure di distanziamento sociale saranno lunghe a morire.

È quanto emerso da uno studio realizzato dalla Harvard Th Chan School of Public Health, l’Istituto di Salute Pubblica della prestigiosa università statunitense, secondo cui le misure in atto si dovranno protrarre anche quando usciremo da questa fase di massima emergenza per il Coronavirus. Soltanto in questo modo, dicono, sarà possibile controllare la pandemia.

Le "misure a rubinetto"

Come viene riportato da IlFattoquotidiano, la quantità di distanziamento sociale necessaria per frenare la pandemia del Covid-19 rimane poco chiara se si guarda al fattore stagionale: se nei mesi estivi potrebbe essere controllata più facilmente, un'intensa ripresa potrebbe ricominciare in autunno. Ecco perchè, gli studiosi di Harvard, ipotizzano misure “a rubinetto”, che si apriranno e si chiuderanno con il passare dei mesi. Come dire: nei momenti di scarsa emergenza ci si potrà riavvicinare, sempre con le dovute cautele; viceversa, se dovesse scoppiare improvvisamente qualche nuovo focolaio, ecco che torneremo a mantenere le attuali distanze per "scoraggiare" l'epidemia.

Un altro studio strizza l'occhiolino agli americani: The Lancet Public Health, prestigiosa rivista medico-scientifica britannica, spiega che il sistema adottato a Wuhan che ha riaperto in modo graduale scuole ed aziende, permetterà di ritardare un eventuale secondo picco di contagi da Covid-19, spostandolo ad ottobre e rendendolo più gestibile per il sistema sanitario. "Se le restrizioni verranno tolte in modo graduale – spiega Kiesha Prem, prima autrice della ricerca – questo probabilmente ritarderà e abbatterà la curva del picco”.

Distanziamento per fasce d'età

Il modello matematico ha dimostrato che gli effetti del distanziamento sociale variano per fascia di età: la maggiore riduzione dei contagi si verifica nei giovani in età scolare e negli anziani, mentre gli effetti sono più modesti negli adulti in età lavorativa. Ma se le restrizioni venissero tolte, i contagi tornerebbero a crescere. La lenta riapertura dei posti di lavoro a partire dagli inizi di aprile potrebbe ridurre i nuovi casi del 24% entro la fine del 2020, ritardando il secondo picco ad ottobre.

Questa tempistica, però, è valida per Wuhan e non per altri Paesi, “perché la struttura della popolazione e le interazioni sociali sono diverse”, spiega la ricercatrice Yang Liu, che specifica un concetto valido per tutti: valutare attentamente se e quando togliere le restrizioni per evitare nuove ondate di contagi quando tutti saremo tornati alla routine quotidiana.

I dubbi di "Nature" e gli sforzi della ricerca

Sulle questione è intervenuta anche la rivista scientifica Nature, una delle più celebri del mondo, che molto modestamente ammette che non esiste, ancora, una chiara strategia per venirne fuori. Nonostante le straordinarie misure adottare per contenere la diffusione del nuovo Coronavirus, non si sa per quanto tempo dovranno ancora durare e se un allentamento permetterà al virus di ricomparire con nuove ondate infettive.

È probabile, scrive Nature, che una via d’uscita arriverà più in avanti grazie alle ricerche in cui sono attualmente impegnati centinaia di studiosi: nel mondo, sono già oltre 900 gli studi in lingua inglese pubblicati o in fase di stampa senza contare quelli scritti in altre lingue sulla struttura del virus, la sua diffusione, le caratteristiche cliniche, gli effetti della quarantena e l’impatto psicologico sugli operatori sanitari, che stanno lavorando allo sfinimento ammalandosi e con i ricercatori che non si fermano nemmeno la notte.

Ma il mondo intero sta affrontando una situazione senza precedenti e la ricerca spera di portare, quanto prima, i propri risultati.

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