Coronavirus

Friuli-Venezia Giulia, con alpini e protezione civile sul fronte del contagio

Il Friuli-Venezia Giulia si è mosso per primo nella lotta alla pandemia con misure draconiane. Così è riuscito a mettere nell'angolo il Coronavirus

Friuli-Venezia Giulia, con alpini e protezione civile sul fronte del contagio

(Cividale) "Mai avrei immaginato di trovarmi in questa emergenza. Il mio compito è di rendere innocuo il virus spruzzando vapore a 160 gradi", spiega il caporale maggiore il caporal maggiore degli alpini Antonino Bagnasco. Sul ponte del Diavolo di Cividale del Friuli, in tutta bianca, visiera e maschera di protezione scompare nella nuvola bianca di vapore della sanificazione nel centro città. Il getto è provocato da una specie di "lanciafiamme" anti virus, che scava in ogni angolo di strada per debellare il contagio.

Il Friuli-Venezia Giulia si è mosso per primo nella lotta alla pandemia con misure draconiane resistendo al Coronavirus. Il 20 aprile i contagiati erano 2775, i guariti 1002 ed i morti 239, il numero più basso nel Nord, dopo il Veneto, in rapporto agli infetti. "Il 25 gennaio sono stata convocata, assieme ai miei colleghi delle altre regioni italiane, a Roma dal ministro Speranza. Il governo sapeva perfettamente che andavamo incontro a un’emergenza sanitaria, anche se non c’era ancora alcun contagio di italiani. Ho capito subito che sarebbe stata una 'guerra'", rivela Gianna Zamaro, direttore centrale per la salute del Friuli-Venezia Giulia.

Al fianco degli alpini del 3° reggimento artiglieria di montagna della brigata Julia, che stanno santificando le città friulane, ci sono i volontari della protezione civile. Un giovane riccioluto con la paletta che devia il traffico e un veterano con la tenuta gialla e blu, che aiuta gli alpini facendo scorrere il tubo del vapore collegato all’apparecchiatura che lo produce a bordo di un camion militare. Un mini esercito di 8mila uomini mobilitato contro il virus.

Ingressi delle farmacie, supermercati, case di risposo e qualsiasi luogo dei assembramento compresi i tavolini inutilizzati dei bar e le panchine vuote sono l’obiettivo delle squadre di “sanificatori” addestrati per inrevniere in caso di attacco nucleare, batteriologico o chimico. "L’esperienza nelle missioni all’estero ci consente di fra fronte anche a questa minaccia invisibile con efficenza e prontezza", ribadisce il colonnello Romeo Tomassetti. Il comandante del 3° reggimento alpini in mimetica, mascherina verde e armato di radio coordina le operazioni a Cividale. Nella cittadina friulana i volontari della protezione civile girano per le strade semi deserte con i megafoni per invitare la popolazione a restare in casa. “Sono vietati gli spostamenti dal proprio domicilio (…) Si raccomanda l’utilizzo di protezione a copertura di naso e bocca quando si esce dalla portai abitazione” sono i messaggi da coprifuoco. Alfonso Masotti, classe 1938, porta sul petto le ali con le stella in mezzo dei paracadutisti militari: “Ho fatto il servizio militare nella Folgore e adesso sono con la protezione civile a dare una mano”.

A Palmanova, il centro operativo regionale è soprannominato il “cubo” per la forma e l’aspetto da bunker. All’ingresso i termo scanner registrano la temperatura a tutti. Riccardo Riccardi, vicegovernatore con la delega sulla Salute guida da due mesi la lotta al virus in Friuli-Venezia Giulia dai meandri del “cubo” collegato in videoconferenza con sindaci, prefetti ed ospedali. “Siamo stati colpiti dal virus una settimana dopo le altre regioni del Nord, ma se non chiudevamo subito le scuole insistendo sulle misure restrittive, anche in assenza di contagio, sarebbe stato un disastro” spiega Riccardi che viene sottoposto come lo staff a controlli continui per evitare l’infezione nel quartier generale.

“Adesso il punto più critico sono le case di riposo. La nostra è la seconda in Italia in termini di anzianità”, spiega il numero due della Friuli-Venezia Giulia. Soprattutto a Trieste una centina di residenze per anziani sono contagiate e le più a rischio sono quelle promiscue ricavati nei palazzi dove sono stati contagiati anche i condomini. Circa 150 anziani politici potrebbero venire trasferiti su una nave ospedale del gruppo Msc, come a Genova oppure in alberghi da attrezzare per l’emergenza.

La fase 2 non è lontana, ma bisogna essere cauti: “Non possiamo permetterci una nuova ondata di contagio che ci travolgerebbe - sottolinea Riccardi - Dobbiamo tenere conto della limitazioni agli stili di vita delle persone e rispondere alle esigenze delle imprese, ma facendo attenzione. Non è finita”.

Il colosso Fincantieri a Monfalcone ha riaperto i battenti, ma con 700 addetti su 8mila, per ora. Prima del 4 maggio potrebbe ripartire l’export, anche se il 60% delle attività produttive non ha mai chiuso del tutto. E adesso dovrebbero avere il via libera anche la filiera del mobile e dell’artigianato.

Dopo due mesi di emergenza “il grande problema di questo dramma è stato fin dall’inizio l’insufficienza di dispositivi di protezione per gli operatori in prima linea” racconta Riccardi. Il fabbisogno mensile di mascherine, guanti, tute, occhiali, visiere, camici, calzari, tamponi, sistemi di aspirazione è di oltre 14milioni di pezzi. L’83% delle acquisizioni è stato regionale e il 10 aprile sono arrivate due milioni e mezzo di mascherine di produzione tedesca dopo salti ad ostacoli. “Ne abbiamo viste di tutti i colori. Gente che spacciava disponibilità inesistenti, un grossista cinese che vendeva apparecchi di ventilazione (per le terapie intensive, nda) cinque volte il prezzo di mercato. E russi arrivati con la valigetta piena di contanti per accaparrarseli e forniture ordinate dal nostro governo", denuncia Mauro Asaro direttore regionale del servizio tecnologie e investimenti. Sei ventilatori, che sono vitali per i pazienti più gravi, non sono mai arrivati ad Udine perché intercettati nei paesi vicini. Da Kiev sono arrivate mail con offerte di milioni di mascherine inesistenti o che si rivelavano di carta. I prezzi sono aumentai anche di dieci volte rispetto a prima dell’emergenza. I ventilatori cinesi offerti a 28mila dollari l’uno, in realtà costano dai 5mila ai 9mila dollari al massimo. Per non parlare delle richieste di pagamento anticipato o delle forniture che arrivano solo in parte.

Nonostante l’emergenza la protezione civile sta rifornendo di mascherine mezzo milione di nuclei familiari del Friuli-Venezia Giulia.

Zamaro, responsabile centrale della Salute in Friuli-Venezia Giulia, ha convinto la figlia di 19 anni, che vuole ribellarsi per la chiusura in casa, a leggere il diario di Anna Frank “così capisce cos’è una guerra”.

E sulla fine dell’incubo è convinta che “vedremo la luce in fondo al tunnel quando sarà a disposizione un vaccino che ci permetterà l’immunità di gregge”.

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