Niente sviluppo, solo mancette. Così il Paese rischia di affondare

Niente sviluppo, solo mancette. Così il Paese rischia di affondare

Quella che manca è una politica per la crescita. Il governo, in tutt'altre faccende affaccendato, se l'è dimenticata. In economia l'esecutivo gialloverde si è mosso solo verso una tenue redistribuzione (con il mini-reddito di cittadinanza e la quota 100). Ma per quanto riguarda lo sviluppo, niente. Il quadro che emerge dalle 135 pagine del rapporto del centro studi Confindustria su «Dove va l'economia italiana», certifica che il Pil 2019 rimarrà fermo e spiega anche perché. remesso che gli autori del team guidato da Andrea Montanino non hanno scritto un documento politico e ben si sono guardati dal dare giudizi sul governo, le indicazioni parlano chiaro. E faranno parlare a lungo. Che è poi il principale obiettivo di questo rapporto, targato Confindustria: fornire ai protagonisti del dibattito economico, sociale e soprattutto politico argomenti su cui misurarsi.

Unica possibilità per evitare la recessione è un «cambio di passo nella politica economica». I provvedimenti su mini-reddito e pensioni non porteranno nulla in termini di crescita, essendo i loro effetti sui consumi annullati dal rialzo dello spread e dal deficit che li ha generati. Ben altra cosa sarebbe stata accompagnarli con politiche di sviluppo. In tre semplici direzioni: gli investimenti privati, negativi del 2,5% per la prima volta dopo anni, pagano dazio allo stop ai superammortamenti dell'Industria 4.0. Poi c'è il calo di quelli pubblici: serve un'inversione del trend che vede la cifra di quelli realizzati in un anno regolarmente inferiore di 4-5 miliardi (12-15%) di quella inserita in manovra. Servono cantieri. Ma l'atteggiamento sulla Tav porta proprio in direzione opposta. Infine il credito, che va rivitalizzato potenziando strumenti esistenti, come il fondo di garanzia per le Pmi, o inventandone di nuovi. Ma anche qui si raccolgono indicazioni opposte: basta pensare alla legge con la quale l'esecutivo ha bloccato i Pir. Conclude il quadro un quarto elemento, messo in evidenza dal rapporto: il calo del mercato auto, volàno della ripresa nel biennio '16-17. E, pure qui, il governo, con la confusione di ecotassa/ecobonus, ha fatto danni, introducendo un elemento di incertezza per i consumatori.

Senza scelte in queste direzioni, anche la politica della redistribuzione, tanto cara ai Cinque Stelle, è destinata a fallire. Sì, è vero che molti italiani si troveranno qualche centinaia di euro in tasca ogni mese. Ma senza crescita, e cioè in deficit, non ci può essere redistribuzione reale di ricchezza e alla lunga il conto (cioè il debito) lo pagheranno tutti.

E dire che per il Cmc non ci vorrebbe molto: basterebbe avere il costo del debito di un Paese mediterraneo come la Spagna (2,5% contro il nostro 2,9%) e un pari tasso di crescita nominale, come quello di un'economia tipo la Francia (cioè 0,8% in più di noi) per metterci in condizione di abbassare stabilmente il peso del debito. Basterebbe poco. Seguire Francia e Spagna, mica Germania o Usa. Ma serve quel cambio di passo che dicono gli imprenditori, finora rimasti inascoltati. Anche dalla Lega.

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