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Non solo Spelacchio, così si è spento il Natale della Capitale

Non solo Spelacchio, tra alberi malconci, luci fioche e luminarie allestite alla buona il Natale romano è naufragato in un mare di polemiche

Non solo Spelacchio, così si è spento il Natale della Capitale

Alberi malconci, luci fioche e luminarie allestite alla buona. Il Natale della Capitale è naufragato in un mare di polemiche. A cominciare da quelle su Spelacchio, l’abete della Val di Fiemme che al traguardo natalizio non è neppure arrivato vivo. In compenso è diventato famoso in tutto il mondo, dal web alla carta stampata, dove è stato apostrofato con gli epiteti più impietosi. A metà tra attrazione turistica e pietra dello scandalo, è lui il simbolo inconsapevole di questa Roma che si appresta a concludere un anno difficile. Siamo a Piazza Venezia, nel cuore della città e alle pendici di Spelacchio è un tourbillon di flash. “Sono venuta qui apposta per lui”, racconta una signora in vacanza con il marito. “Non meritiamo questo”, dice una residente, ma per qualcuno “non è stata una sfortuna averlo preso così brutto perché alla fine c’è molta gente che viene a vederlo”. Questa è anche la versione ufficiale di Palazzo Senatorio che, dopo aver aperto un’indagine interna per chiarire le ragioni della prematura scomparsa ora cerca di schivare l’ennesima gaffe internazionale. “L’albero di Natale della nostra città è diventato un luogo di attrazione”, scrive l’assessore all’Ambiente, Pinuccia Montanari, su Facebook.

L’amministrazione grillina continua a difendere l’indifendibile e si mostra impassibile di fronte all’aria di disincanto che si respira nella Capitale. “L’albero è sofferente, ma comunque è un Natale triste in generale”, sostiene una signora che abita in via Nazionale, “il centro storico è abbandonato a se stesso, sporcizia, degrado, marciapiedi impraticabili”. Del resto, lasciarsi alle spalle gli strascichi dell’emergenza rifiuti, iniziata nel mese di giugno, non è facile nemmeno nel cuore di Roma. I lavori per allestire le luminarie di via del Corso, rigorosamente confezionate all’insegna del risparmio energetico e del minimalismo grillino, sono durati quattro notti ma non soddisfano nessuno. “Anni fa gli addobbi erano tricolore - racconta un passante - erano più belli, più allegri e risvegliavano un po' di senso patriottico”. Lungo la via dello shopping l’atmosfera è surreale, le vetrine sono rischiarate da una luce pallida e spettrale. Basta svoltare un angolo per ritrovarsi al buio.



Succede a Fontana di Trevi, dove i commercianti lamentano l’assenza dell’illuminazione, essenziale per attrarre clienti e fare affari. Così qualcuno ha improvvisato degli allestimenti fai-da-te ma il risultato è un patchwork di lucine a intermittenza. “Le sole illuminazioni della piazza - spiega un cameriere - sono quelle messe dagli esercizi commerciali”. Anche nelle centralissime piazza della Minerva e piazza del Pantheon la situazione è identica. Una turista francese si guarda attorno disorientata: “Non si percepisce molto l'atmosfera natalizia, ci sono poche luci”. Anche il ritorno dello storico e amatissimo mercato di Piazza Navona è al di sotto delle aspettative. Dopo 3 anni di smobilitazione, il sofferto rilancio di uno degli eventi più cari ai romani è riuscito a metà.

La kermesse ha aperto i battenti con una ventina di giorni di ritardo rispetto alla tabella di marcia. Se ne parlava già da giugno della necessità di imbastire un piano anti-terrorismo ad hoc ma, anche stavolta, ci si è ridotti all’ultimo. Il Comune, spiega un venditore, “ha deciso che il piano sicurezza doveva essere pagato dai commercianti chiedendo cifre altissime”. Si parla di oltre 340mila euro. Alla fine “abbiamo trovato una ditta che ha messo a punto lo stesso identico piano alla metà del prezzo”. Costi, burocrazia e ritardi hanno scoraggiato gli artigiani. Del centinaio di stand che affollavano la piazza ai tempi d’oro ne sono rimasti solo una trentina. I banchi dei maestri dell'arte del presepe, vera attrazione dell’evento, sono decimati. “Per noi è una questione affettiva, non certo di guadagno”, dicono quelli rimasti. In compenso, al posto delle statuine tipiche della tradizione natalizia si può trovare un’ampia gamma di prodotti bio, vegetariani e vegani, imposti per circolare della nuova amministrazione.

E meno male che, a settembre scorso, il presidente della commissione capitolina per il Commercio, Andrea Coia, aveva annunciato che la manifestazione avrebbe premiato qualità e artigianato.

Quello romano è un Natale dai contorni incerti, specchio di una città che s’interroga sul suo destino. Nessuno escluso. D’altronde la stessa Virginia Raggi ha ammesso di non sapere se arriverà o meno a fine mandato.

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