Radical chic

Non ti vesti arcobaleno? Sei omofobo. Così ci ridurranno al silenzio

Una donna americana non vuole indossare la maglietta a sostegno del Pride. E Gay.it la bolla subito come omofoba

Non ti vesti arcobaleno? Sei omofobo. Così ci ridurranno al silenzio

Lo confesso, sono un po' spaventato. Oggi scorrendo un po' la bacheca sono capitato, non chiedetemi come, su un articolo di Gay.it. Titolo: "Barista omofoba denuncia: 'Licenziata da Starbucks perché non ho indossato la maglietta arcobaleno".

Se volete vi racconto un po' la vicenda della signora barista, che in realtà è solo una questione marginale per il nostro ragionamento. Stando a quanto scritto dalla Nbc tre giorni fa, una donna nel New Jersey ha intentato una causa contro il colosso americano del caffè, sostenendo di essere stata licenziata per aver rifiutato di indossare una maglietta dello Starbucks Pride. Quella con cui l'azienda celebra l'orgoglio Lgbt. Non è necessario entrare nei dettagli della causa: lei è cristiana praticante, ogni domenica chiede un permesso per andare a messa e quella maglietta non intendeva indossarla perché la sua religione glielo impedisce. In sostanza crede che Dio abbia creato l'uomo e la donna, che il matromiono può esservi solo tra persone di sesso diverso e che "qualsiasi attività sessuale fuori da questo contesto" è contraria all'insegnamento biblico. Dal canto suo Starbucks, contattata da Nbc, nega tutto e assicura che, a parte il classico grembiule verde, "nessuna parte del nostro codice di abbigliamento richiede ai partner di indossare articoli approvati che non hanno selezionato personalmente". Chi ha ragione? Chissenefrega. Non è questo il punto. E non è la storia in sé ad avermi spaventato.

Torniamo allora a quel titolo di Gay.it. "Barista omofoba denuncia: 'Licenziata da Starbucks perché non ho indossato la maglietta arcobaleno'". Omofoba, capite? Cioè questa dice di non voler indossare una t-short multicolor simbolo del pride e invece di difendere la sua sacrosanta libertà di espressione viene bollata come omofoba. E poco importa se la donna nella causa sostiene di non avere "inimicizia verso le persone che attribuiscono allo stile di vita Lgbt". È allucinante, se ci pensate, che per un semplice rifiuto d'abbigliamento si possa essere marchiati come cattivi razzisti anti-gay. La barista non ha mica detto che odia gli omosessuali o le fanno schifo le lesbiche. No: ha solo deciso di mettersi la t-shirt nera invece di quella arcobaleno. Lo ha fatto per motivi religiosi. E quindi? Per questo va schedata nel libro nero dell'omofobia?

Suvvia. La vicenda potrà sembrarvi lontana come lontano è il New Jersey. Ma in realtà qui non si parla di Starbucks o della signora, che potrebbe anche essersi inventata la storia della maglietta per coprire il licenziamento causato dal suo pessimo frappuccino. Qui la questione è la lettura che ne dà Gay.it. Neppure io indosso mai abiti arcobaleno. Difficilmente metto vestiti bianchi, ma non per questo odio gli albini. Dirò di più: una volta mia sorella espose una bandiera arcobaleno in terrazzo (era quella della pace, ma poco cambia) e io dopo qualche settimana l'ho fatta sparire, adducendo scuse del tipo "sarà stato il vento". Invece l'avevo cestinata.

Basta questo per definirmi omofobo o guerrafondaio? Me lo dicano i signori radical chic, che in caso mi adeguo.

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