Ora i migranti occupano anche i palazzi del Ventennio

A Ostia, da oltre un decennio, i migranti si sono impossessati di un'intera ala dell'ex colonia Vittorio Emanuele, un edificio storico del Ventennio dove oggi vi è un continuo spaccio di droga

Ora i migranti occupano anche i palazzi del Ventennio

Dove un edificio storico, di epoca fascista, può diventare luogo di spaccio di droga e occupazioni abusive da parte dei migranti? Ovviamente a Roma, dove ormai il degrado la fa da padrone (guarda il video). Più precisamente ci troviamo sul litorale di Ostia dove nel 1932 la regina Elena inaugurò la Colonia Vittorio Emanuele III.

L'ex Colonia Vittorio Emanuele: ieri e oggi

Immaginata nel 1916 dal grande architetto Marcello Piacentini, la struttura ricopre un’area di 16mila metri quadri e, durante il Ventennio, era luogo di gioco e svago per le scolaresche durante il periodo estivo. Ma non solo. Quasi un decennio più tardi si decise di ampliarla, dando così riparo e cure ai malati di tubercolosi. Poi, dal dopoguerra fino al 1983, divenne un collegio per i figli delle famiglie bisognose della Capitale. Ora, invece, un’intera ala dell’edificio è occupata da stranieri e, fino a pochi anni fa, ospitava anche una moschea abusiva dove, in occasione del giorno del Sacrificio, è stata persino sacrificata una capra.

Alle due estremità dell’edificio troviamo, da un lato un centro anziani e il centro Caritas e dall’altro la grande biblioteca “Elsa Morante” e il teatro del Lido, ma la parte centrale è quella più problematica e inaccessibile. Nonostante i nostri tentativi, nessuno degli occupanti ha voluto raccontarci la sua storia. Alex, un rumeno sulla quarantina, è parecchio diffidente, ci blocca all’ingresso del palazzo impedendoci di filmare. “Sono stufo di voi giornalisti, ogni volta scrivete sempre quel che volete voi e mai la verità”, dice. E si congeda promettendo che ci richiamerà a giorni ma, a distanza di una settimana, il telefono non è mai squillato. Anche una dipendente dell’ostello Litus di Ostia, adiacente all’ala occupata, ci chiede di non apparire in video e ci spiega: “Qui finora, per fortuna, non abbiamo ricevuto minacce ma basta affacciarsi e si vede il degrado che c’è e i blitz della polizia contro lo spaccio di droga sono frequenti”.

Le denunce sul degrado

Un quadro molto preoccupante è stato denunciato anche dal capogruppo di FdI, Fabio Rampelli, con un’interrogazione parlamentare lo scorso 12 settembre. “Nel corso degli ultimi anni – si legge nel testo - sono stati effettuati numerosi blitz delle forze dell’ordine all’interno della parte dell’edificio dell’ex colonia occupata abusivamente, durante i quali è stata evidenziata una situazione di forte degrado e illegalità, essendo state rinvenute sostanze stupefacenti destinate allo spaccio e ingenti somme di denaro di dubbia provenienza”. In febbraio, infatti, il prefetto Domenico Vulpiani, all’epoca commissario straordinario di Ostia, nel corso di una audizione alla Commissione d’inchiesta parlamentare sulle periferie, aveva espresso la necessità di fare uno sgombero: “Quel luogo sta rinascendo. Ospita un ostello e la biblioteca Elsa Morante che è molto frequentata da giovani e dimostra una vivacità del territorio che non ci si aspetterebbe. Ma c’è un'intera ala dell’edificio occupata da soggetti criminali che dovremo sgomberare. Stiamo ragionando con la Prefettura per capire come fare”. In previsione di ciò, lo scorso 6 aprile, le forze dell’ordine hanno effettuato un primo censimento degli occupanti ma, da allora, nulla è cambiato.

Le soluzioni proposte dai candidati

Una vicenda molto intricata che si inserisce nel dibattito di un’accesa campagna elettorale per la poltrona di presidente del X Municipio di Roma che, dopo due anni di commissariamento, torna al voto. Tutti i candidati sono concordi sul fatto che lo sgombero sia inevitabile ma si dividono su modi, tempi e su come utilizzare l’edificio una volta che sarà liberato. I migranti che vi abitano, finora, hanno goduto dell’appoggio di Don Franco De Donno, l’ex direttore del centro Caritas che ha ottenuto la sospensione “a divinis” per potersi candidare con una sua lista civica. “I fenomeni legati all’immigrazione ora vengono affrontati all’improvviso dopo anni in cui le istituzioni non mai detto nulla”, attacca il prete che spiega che“alcuni dei migranti hanno persino la residenza perché sono stati messi lì nel 2000 da Veltroni”. Ma anche De Donno è dell’avviso che lo sfratto sia inevitabile perché “quello stabile è umanamente invivibile, soprattutto per i bambini” e, per questo, prima di intervenire, “si devono trovare delle alternative abitative così come ha stabilito recentemente il ministro Minniti”. Per quanto riguarda il futuro dell’ex Colonia, De Donno propone di riprendere il progetto, ideato in epoca Veltroni, della “cittadella della solidarietà” che prevedeva spazi per giovani, anziani e mamme con bambini.

Luca Marsella, candidato di Casa Pound, diversamente dal prete, combatte da anni per lo sgombero dei migranti dall’edificio e, in caso di vittoria, si prefigge di attuarlo entro 15 giorni dalla sua elezione. “Abbiamo parlato con l’ex prefetto Vulpiani, ci ha detto che lì dentro ci sono soltanto sette famiglie che necessitano dell’assistenza alloggiativa da parte del Comune. Tutti gli altri migranti, se clandestini, devono essere espulsi e la struttura deve tornare ai romani come sede dell’Università del mare”, ha annunciato Marsella. Un progetto molto simile lo ritroviamo anche nel programma di Monica Picca, la candidata del centrodestra, che ci ha parlato della “Casa del mare”, mentre grillina Giuliana De Pillo vorrebbe usare quell’ala dell’edificio come sede degli uffici del Municipio che, attualmente, sono dislocati in vari punti di Ostia. Il candidato del Pd, Athos De Luca, è quello che troviamo più impreparato sul tema. Credeva che al civico 124 del lungomare Paolo Toscanelli ci fosse la sede di Casa Pound. Lo informiamo che non è così.

Allora rilancia, proponendo di utilizzare quello spazio come luogo di svago per i giovani. “Se non ci pensiamo noi, a loro ci pensa la mafia”, dice. Tante idee, alcune confuse, per una soluzione che, all’orizzonte, appare ancora lontana.

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