80 persone pregano nel negozio? Non è moschea abusiva

La Corte di Cassazione ribalta la sentenza della Corte d'Appello: 80 persone che pregano in un negozio non lo trasformano in una mosche abusiva

80 persone pregano nel negozio? Non è moschea abusiva

Ottanta persone che pregano in un negozio il venerdì sera non bastano ai giudici per parlare di moschea abusiva. Questo è quello che emerge dalla sentenza della Corte di Cassazione. Il Tribunale ha annullato con rinvio una sentenza della Corte d'Appello di Milano, che condannava un cittadino ivoriano a un'ammenda di 3mila euro per violazione del testo unico dell'edilizia.

I giudici di secondo grado avevano rilevato una variazione abusiva della destinazione d'uso del locale commerciale affittato dal giovane ivoriano a Oggiono. Il venerdì pomeriggio, giorno della preghiera per i cittadini di fede islamica, il locale situato nel centro storio di Oggiono, in provincia di Lecco, diventava un luogo di culto per circa 80 persone. Già il primo grado aveva assolto l'ivoriano "perché il fatto non sussiste".

Alla stessa conclusione, ma con una diversa interpretazione, sono arrivati i giudici di Cassazione, secondo i quali "alla luce della giurisprudenza amministrativa, non basta a configurare il mutamento della destinazione d'uso la semplice riunione in preghiera in un giorno della settimana".

Gli ermellini spiegano che "di uso incompatibile o difforme può parlarsi se l'attività di preghiera non sia riservata solo ai membri dell'associazione o se il fine religioso rivesta carattere di prevalenza nell'ambito degli scopi statutari o effettivamente perseguiti da parte dell’associazione". La Corte di Cassazione, quindi, si è appellata al principio della libertà di culto sancito dalla Costituzione Italiana. "Dal solo dato della presenza di 80 persone riunite in preghiera il venerdì non può dedursi la sussistenza del requisito che giustifica la richiesta del permesso a costruire. Sicché si rende necessario un accertamento più approfondito e una motivazione particolarmente rigorosa per pervenire alla condanna", scrivono i giudici della Cassazione nella loro sentenza della presunta moschea abusiva.

Tutto questo mentre in Italia cresce la preoccupazione per la radicalizzazione all'interno delle moschee abusive, che in alcuni casi possono rappresentare un pericolo per la pubblica sicurezza. "Ancora una volta al centro dell'islamizzazione violenta c'è un luogo di culto abusivo: quello di via Carissimi a Milano, gestito dall'associazione Al Nur", diceva circa un mese fa l'assessore regionale alla Sicurezza, Immigrazione e Polizia locale, Riccardo De Corato. Il suo riferimento era all'arresto di Nicola Issa Ferrara, il radicalizzatore arrestato a Milano dai Ros con l'accusa di aver diffuso sul web la propaganda dello Stato Islamico. Sono diversi, in Italia, i centri di culto che nascono in strutture non adibite a questo scopo, spesso finanziati dalle associazioni e dai fondi privati e pubblici che arrivano dal Medioriente.

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