"Paoletto" fa scena muta ma l’accusa si ridimensiona

Dovrà rispondere solo di furto. Il maggiordomo ha nominato i suoi legali. Chiusa l’istruttoria sommaria

"Paoletto" fa scena muta ma l’accusa si ridimensiona

Roma Terza notte in guardina per Paolo Ga­briele. L’uomo accusato di aver trafugato docu­menti riservati dagli appartamenti del papa è ancora ospite delle stanze solitamente deserte che si trovano dietro gli uffici della Gendarme­ria vaticana. Non ha risposto alle domande de­gli agenti guidati da Domenico Giani, coman­dante della Gendarmeria, né a quelle rivoltegli da Nicola Picardi il promotore di giustizia (sor­ta di pubblico ministero) che ha chiuso pro­prio ieri la prima fase delle indagini, chiama­ta «istruttoria sommaria». Il maggiordomo del papa ha già nominato i suoi legali (il cui nome non è stato fatto dall’ufficio stampa vaticano ma che devono comunque essere avvocati «abilitati» e iscritti quindi alla spe­ciale registro della Rota vaticana).

La cella dista solo po­che decine di metri in li­nea d’aria dalla palazzi­na dove Gabriele vive con la moglie e i tre figli.

Nell’appartamento al terzo piano, però, le tap­parelle sono abbassate e al citofono nessuno ri­sponde.

La prima mossa dei legali, infatti, è stata quella di consigliare il si­lenzio alla moglie del maggiordomo di Ratzin­ger. Alcuni condomini del palazzo - dove peral­tro vive anche la mam­ma di Emanuela Orlan­di, la ragazza figlia di un dipendente vaticano scomparsa nell’83-immaginano che la donna possa essersi trasferita con i tre figli nella casa al mare a Ostia. Anche per dimenticare quelle ore di calvario vissute da tutta la famiglia al completo quando i gendarmi hanno bussato alla porta di casa.Ma soprattutto per far dimen­ticare l’immagine del padre che esce insieme a loro, il volto profondamente turbato.

Li sa lontani ma li sente vicini, spiegano fonti vaticane che descrivono il devoto servitore di Ratzinger chiuso in un profondo silenzio men­tre si affida a una intesa preghiera.

Intanto la macchina della giustizia vaticana inizia a mettersi in moto. La prima notizia tra­pelata all’apertura della fase «formale» del­l’istruttoria è che a Paolo Gabriele viene per il momento contestato il reato di furto aggrava­to. È lo stesso portavoce vaticano, padre Fede­rico Lombardi a specificarlo.

E, visto che il codi­ce penale vaticano ricalca per la gran parte dei suoi articoli quello italiano, siamo ben lontani dalla drammatica pena di trent’anni che ri­schierebbe Gabriele se il capo d’imputazione fosse trasformato in divulgazione di segreti di un Capo di Stato. La fase istruttoria promossa da Nicola Picardi si chiuderà con il prosciogli­mento di Gabriele o con il suo rinvio a giudizio.

In questo caso l’imputato comparirebbe da­vanti al giudice unico di primo grado Piero An­tonio Bonnet che ha il compito di occuparsi di tutte le questioni di sicurezza interne, dalle ro­gatorie internazionali agli scippi nella basilica di San Pietro.

In caso si rendessero necessarie delle revisioni, l’ordinamento dispone di altri due gradi di giudizio: la Corte d’Appello (pre­sieduta dal cardinale Josè Maria Serrano Ruiz) e il Tribunale di ultima istanza (guidato da un altro porporato di rango: l’americano Ray­mond Leo Burke).

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica