S ui migranti Papa Francesco non fa retromarcia. Ancora una volta una parte del suo Angelus domenicale è dedicato a loro. Ancora una volta parlando ai fedeli riuniti a San Pietro Papa Francesco si sofferma sulle «drammatiche notizie di naufragi di barconi carichi di migranti nelle acque del Mediterraneo» e rivolge un «accorato appello affinché la comunità internazionale agisca con decisione e prontezza onde evitare che simili tragedie abbiano a ripetersi e per garantire la sicurezza, il rispetto dei diritti e la dignità di tutti».
Sante parole che meritano rispetto e considerazione, ma si scontrano con la triste realtà dei numeri. Realtà e numeri ci dicono che il tentativo di facilitare la traversata del Canale di Sicilia aspettando i migranti al limite delle acque territoriali libiche aumenta sì il numero dei disgraziati ripescati e portati in Italia, ma moltiplica esponenzialmente il numero delle vittime. Per capire la tragica correlazione basta prendere in considerazione due annate antitetiche come il 2010 e il 2016. Il 2010 è l'anno dei respingimenti attuati grazie all'intesa tra il regime di Muhammar Gheddafi e il governo di Silvio Berlusconi. In quell'anno - considerato infausto e disgraziato da «buonisti» e sostenitori dei liberi sbarchi - nel Canale di Sicilia si registrano appena 20 vittime, ovvero il numero più basso di morti dal 2002 a oggi. Il tutto a fronte di appena 4.406 sbarchi, altro record storico degli ultimi 16 anni. Nel 2016, anno in cui le Ong sono al massimo dell'attività e traghettano nei nostri porti 60mila dei 178mila migranti salvati in mare, si registra anche il record delle morti in mare. Quell'anno sono più di cinquemila i disgraziati scomparsi nelle acque antistanti la Libia. Il perché della tragica correlazione è presto spiegato. Forti delle garanzie offerte dalle navi delle Ong, posizionate davanti alle coste, le organizzazioni criminali si ritrovano a soddisfare le richieste di un numero molto maggiore di «clienti» convinti che la presenza dei soccorritori regali loro una sostanziale immunità. In realtà l'effetto è esattamente opposto. Per soddisfare quelle masse di nuovi «clienti» i trafficanti si affidano a imbarcazioni di qualità sempre più scadente, insufficienti persino a raggiungere il limite delle acque territoriali dove sono appostati i soccorritori. E così la moltiplicazione delle partenze moltiplica anche le tragedie. Ma non diminuisce gli introiti dei criminali. Per costoro, abituati a incassare alla partenza, un migrante affogato vale esattamente quanto uno approdato nei porti italiani.
Statistiche e cifre spiegano con matematica chiarezza anche l'effetto «calamita», ovvero come la presenza di un vasto dispositivo di soccorso favorisca le attività dei trafficanti di uomini e ne moltiplichi il fatturato. Per capirlo consideriamo l'impennata di sbarchi registrata tra il 2013 e il 2014. Nel 2013 - anno in cui fino all'avvio a novembre di Mare Nostrum non è operativa alcuna missione di soccorso - si contano 42.925 arrivi sulle coste italiane. Nel 2014, grazie a una Mare Nostrum in piena attività, gli sbarchi diventano oltre 170mila regalando ai trafficanti di uomini la triplicazione dei fatturati. Dunque ben venga la compassione del Santo Padre per i morti in mare e per i migranti vittime delle organizzazioni criminali, ma attenzione perché, come dimostrano i dati, un eccesso di soccorsi generato da una mal indirizzata compassione rischia di far più male che bene.
Se il contenimento delle vittime è direttamente proporzionale alla riduzione dei viaggi per mare, allora gli unici due modi per salvare le vite dei migranti restano la disincentivazione delle partenze e una lotta senza quartiere ai trafficanti di uomini. Senza questi due obbiettivi primari la compassione genera soltanto lacrime di coccodrillo.
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