Dopo il pressing del Colle. Renzi frena e perde pezzi

Va avanti a scatti Matteo Renzi. A volte bruschi, a volte più gentili, un po' come capita alle macchine quando stanno finendo la benzina

Dopo il pressing del Colle. Renzi frena e perde pezzi

Va avanti a scatti Matteo Renzi. A volte bruschi, a volte più gentili, un po' come capita alle macchine quando stanno finendo la benzina. Perché se da un lato affonda colpi sul governo, dall'consapevole di quanto sia complicato arrivare davvero fino in fondo e staccare la spina a un esecutivo che proprio lui ha fortemente voluto dopo l'improbabile crisi agostana aperta da Matteo Salvini. Così, se ieri in pubblico la ministra dell'Agricoltura Teresa Bellanova - capodelegazione di Italia viva nel governo - continuava a minacciare le dimissioni sulla regolarizzazione dei migranti, in privato l'ex premier cercava di abbassare i toni e rassicurare soprattutto i suoi gruppi parlamentari. Che, seppure zeppi di fedelissimi alla causa, iniziano a nutrire qualche dubbio sulla strategia da guastatore indefesso imboccata dal senatore di Rignano. Un approccio che in un momento così delicato per il Paese - con la crisi sanitaria non ancora alle spalle e quella economica solo alle porte - viene considerato un filino sopra le righe. Al punto che dentro Italia viva c'è chi rimpiange di avere lasciato il Pd e c'è pure chi non esclude di tornare a bussare al portone di largo del Nazareno.

La sensazione, infatti, è che a forza di strappi la situazione possa davvero sfuggire di mano a Renzi. Un timore che devono avere anche sul Colle se ieri diversi quotidiani raccontavano in modo convergente di un Sergio Mattarella poco incline a un governo di larghe intese e pronto, qualora le condizioni lo richiedessero, anche a elezioni anticipate dopo l'estate. Un messaggio indirizzato soprattutto all'ex premier, per mettere nero su bianco che qualunque blitz per un cambio in corsa a Palazzo Chigi ha comunque dei rischi. Certo, è evidente che davanti a uno scenario di crisi Mattarella si muoverà - come ha sempre fatto in questi anni - seguendo il dettato della Costituzione, come pure è chiaro che tutto vorrebbe il capo dello Stato fuorché portare l'Italia alle urne nel bel mezzo della più seria emergenza che abbia colpito il Paese dal dopoguerra a oggi. Il punto, però, è che al Quirinale sono convinti che la via di un esecutivo di unità nazionale sia strettissima, perché non se ne vedono le condizioni in Parlamento. In un eventuale governissimo, infatti, dovrebbe entrare anche Salvini e la convinzione che si sono fatti sul Colle - e non solo lì - è che sia alquanto difficile trovare un candidato premier di prestigio - da Mario Draghi in giù - che sia disposto a legare il suo mandato e il suo destino al leader della Lega. Che, dopo lo strappo agostano che ha portato al Conte 2, non è considerato particolarmente affidabile.

Renzi deve avere colto il messaggio e da ieri sembra avere mollato la presa sull'acceleratore, soprattutto sul delicato caso Bonafede-Di Matteo. «Non darò a Conte il pretesto per dire che sono io che ho spaccato la maggioranza», ripeteva ieri a chi gli chiedeva lumi sulle sue dichiarazioni di guerra al premier. Che deve avere gradito lo scudo del Colle, tanto da fare filtrare parole di elogio verso Italia viva, riconoscendo il «contributo» che il partito di Renzi dà all'azione di governo e assicurando che «non esiste alcuna ostilità». Parole ovviamente di circostanza, visto che tra i due la distanza non è solo politica ma umana e personale. Ma che servono a preparare il terreno per l'incontro di oggi tra Conte e i vertici di Italia viva (Maria Elena Boschi, Ettore Rosato e Davide Faraone sono attesi a Palazzo Chigi nel primo pomeriggio).

L'ex premier, dunque, potrebbe avere davvero deciso la ritirata. Non solo perché sa bene che aprire una crisi al buio ora può avere conseguenze drammatiche dal punto di vista del consenso, ma anche perché l'agitazione nei gruppi parlamentari di Italia viva inizia a preoccuparlo. Non a caso sabato prossimo Renzi dovrebbe collegarsi in videoconferenza con i suoi parlamentari per cercare di tranquillizzare tutti.

Per ora, insomma, niente showdown. Più avanti chissà. D'altra parte, l'anno scorso pure l'altro Matteo a luglio sembrava avere seppellito l'ascia di guerra e ad agosto ha invece fatto brillare il Conte 1 senza pensarci due volte.

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