Tre secoli e mezzo di carcere. È la pena complessiva chiesta dalla procura generale di Palermo, a carico dei 37 imputati al processo "Punta Rei". Alla sbarra, boss, affiliati e gregari di Cosa Nostra, dei clan di Porta Nuova, Villabate e Bagheria.
Il processo era partito a seguito di un'indagine del 2015, con la quale i carabinieri avevano ricostruito una mappa delle diverse zone di Palermo, nelle quale i mafiosi erano soliti chiede il pizzo. Gli accertamenti avevano disegnato un quadro composto da ogni tipo di attività commerciale, dai bar ai supermercati, fino ai negozi di abbigliamento e alle imprese: nessuno poteva sfuggire al raket. I commercianti pagavano con cadenza regolare la "rata" stabilita. Ma non solo, perché per le festività, quali Pasqua e Natale, erano previste delle somme extra, secondo quanto riporta il Giornale di Sicilia. Gli inquirenti avrebbero anche accertato il ruolo di Teresa Marino, la moglie del boss Tommaso Lo Presti, che avrebbe gestito la cassa dei soldi, destinati alle famiglie dei componenti già finiti in carcere. Le indagini avevano portato anche Domenico e Giuseppe Tantillo, capomafia del Borgo Vecchio.
Al processo di primo grado, gli imputati vennero condannati complessivamente a 268 anni di carcere, con 5 assoluzioni. Ora, la procura generale di Palermi ha chiesto di condannare i 37 mafiosi, tra boss e affiliati dei tre clan, a 353 anni di carcere complessivi.
Il processo si svolge con il rito abbreviato, davanti alla Corte d'appello. Gli imputati sono accusati di associazione mafiosa, estorsione, intestazione fittizia di beni, danneggiamento e traffico di droga.
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