La denuncia dell’ex Ministro della Difesa Mario Mauro riguardo a un’ondata di profughi provenienti dal Kosovo e che potrebbero raggiungere le coste italiane in breve tempo non può che suscitare serie preoccupazioni.
Secondo l’ex Ministro, “i primi sbarchi potrebbero avvenire fra due o tre settimane - denuncia l'ex ministro della Difesa, Mario Mauro, a Libero - con il risvolto un po' grottesco di una invasione aiutata anche dalle forze militari nato che certo pensano anche a salvare le vite di quei poveracci".
E ancora: “Sono chiuse le frontiere del nord di Croazia, Ungheria e Austria - spiega Mauro a Libero - la rotta dei profughi si è bloccata in Serbia e Macedonia puntando ora sull'Albania dove non ci saranno barchette per trasportarli sulle coste italiane in Adriatico, ma vere e proprie navi in grado di portare migliaia di persone”.
Si tratterebbe di 150 mila persone che dovrebbero essere trasportate in Italia dalla missione della KFOR, su ordine impartito dalla NATO.
Nel frattempo dall’Albania giunge la notizia che il governo di Tirana sarebbe pronto a far entrare nel paese circa 25 mila profughi provenienti dalle zone di guerra mediorientali e pressati tra Macedonia e Grecia. L’accordo tra Albania e Unione Europea dovrebbe essere finalizzato in concomitanza con la visita della Mongherini nel Paese delle Aquile, come riferito dalla stessa stampa albanese. Il Ministro dell’Integrazione albanese, Klajda Gjosha, ha poi dichiarato ieri che l’Albania è pronta ad accogliere qualsiasi afflusso di profughi.
Un rischio per la sicurezza nazionale
Se lo scenario dovesse risultare veritiero, l’Italia si troverebbe non soltanto con 150 mila persone sul proprio territorio, ma con altri 25 mila a poche miglia dalle proprie coste e considerate le enormi difficoltà di controllo nonché nell’identificare possibili terroristi dell’ISIS infiltrati nel flusso di profughi e la facilità con la quale dall’Albania si può raggiungere clandestinamente le coste italiane, ci troveremmo di fronte a una seria minaccia per la sicurezza nazionale. Il fatto ancor più grave è che l’operazione parrebbe ordinata e coordinata da NATO e Unione Europea, un vero paradosso visto che parliamo di due organismi che dovrebbero svolgere anche un ruolo di tutela dei paesi membri.
Ci sono inoltre alcuni fattori da tenere ben in considerazione:
1- L’infiltrazione di jihadisti tra il flusso di profughi proveniente da est è un problema reale sul quale bisogna riflettere attentamente prima di mettere in atto mosse azzardate.
2- Il Kosovo è oggi il paese balcanico col più alto numero di volontari partiti per arruolarsi con i jihadisti in Siria e Iraq (circa 300) e con una radicalizzazione giovanile molto elevata. Sembra che più di un centinaio di questi siano riusciti a rientrare nel paese, alcuni dei quali proprio nascosti tra il flusso di profughi. Tra questi veniva segnalato anche il “macellaio” Lavdrim Muhaxheri, a capo di un’unità balcanica dell’ISIS; si tratta di voci non confermate visto che altri lo danno morto o paralizzato in Siria, ma sono comunque elementi da tenere ben in considerazione.
3- Il confine tra Kosovo e Albania è assolutamente permeabile, potenziali jihadisti possono tranquillamente sconfinare e dalle coste albanesi sarebbe un attimo raggiungere le coste italiane.
4- Bisogna chiedersi se le autorità albanesi hanno la possibilità di controllare un flusso di 25 mila profughi, se hanno l’interesse a fermare una potenziale fuoriuscita di elementi verso le coste italiane ma anche se l’Albania rischia una destabilizzazione in seguito a una potenziale infiltrazione di jihadisti nascosti tra i profughi in un momento in cui la radicalizzazione nelle zone rurali del paese è in aumento.
5- Secondo alcuni analisti, il rischio più concreto di attentati in Italia arriva proprio dall’Albania.
Tra poco più di tre mesi inizierà la stagione turistica estiva e la costa Adriatica risulterebbe un bersaglio estremamente facile per possibili attentati dell’ISIS, scenario che si era già citato la scorsa estate, ma più plausibile ora in vista di una possibile azione militare in Libia.Un quadro estremamente grave che, se dovesse concretizzarsi, metterebbe a serio rischio l’incolumità del nostro Paese, dei suoi cittadini e degli interessi nazionali.
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