Cronache

Quando sgridò Gianni: "Zitto tu che a Torino non sei un avvocato..."

Quando sgridò Gianni: "Zitto tu che a Torino non sei un avvocato..."

Anche Marella ci ha lasciato. L'ho conosciuta, assieme a mia moglie Carmen di persona, la prima volta a Torino, nella sua casa nel centro, nell'autunno del 1967, di ritorno dal soggiorno di un anno a Washington, come visiting professor di International Economics alla Brooking institutions. La' ero divenuto amico di Nicola Caracciolo, fratello di Marella, corrispondente della Stampa dalla capitale Usa. Alta, snella, con lo sguardo lievemente ironico, vestita di chiaro, con il portamento d' una principessa e la gentilezza accogliente dell'inquilina sorridente della porta accanto, disse: «Come sta Nicola, è un bravo giornalista, vero?». Poi la conversazione era passata a quello di cui discutevamo Nicola, io e l'altro nostro amico Edgardo Sogno, allora addetto economico all'ambasciata.

La base del dibattito riguardava le riforme del nuovo governo di centro sinistra. Marella si divertiva al racconto di ciò che accadeva in Italia allora fra Dc, Psi, Pri e Pli. La conversazione fu interrotta dall'ingresso di Gianni Agnelli, da poco diventato presidente della Fiat, quindi il monarca di Torino. Un signore elegante, snob, alto borghese. La vera principessa, però, era Marella, il cui padre, in verità, era il principe napoletano Filippo Caracciolo di Castagneto, diplomatico di carriera, laureato in Economia, altresì autore di varie opere letterarie. Dal padre, Marella aveva preso moltissimo: l'aspetto fisico, il portamento, il modo di parlare riflessivo e sobrio. Io avevo più volte incontrato il padre di Marella all'Eni, del cui ufficio studi ero negli anni 60 consulente: Filippo di Castagneto ci veniva perché presidente dell'Aci ed editore della rivista L'Automobile. Marella era fiera del fatto che suo padre fosse stato segretario nazionale del partito d'azione ed amico fraterno di Ugo La Malfa, di cui lei era una quasi seguace. Varie volte, in seguito, Marella ci invitò a cena, prima a Torino, poi nella villa Agnelli sulla Collina, ove s'era trasferita, per potere coltivare la sua passione per il giardino e per i fiori. Gli inviti avvenivano soprattutto quando lei aveva ospiti americani, in particolare, con Truman Capote e con Audrey Hepburn. Nel primo caso, Marella a posteriori mi espresse la sua delusione, cosa che non accadde invece con la Hepburn, di cui non si poteva non ammirare l'eleganza, in tanti aspetti simili a quella di Marella.

Una sera in cui eravamo a cena con lei (l'avvocato era assente per impegni, come non sempre accadeva) Carmen mi rimproverò dicendomi di fare più attenzione, perché - impegnato come ero nella conversazione - gestivo male le posate. Marella ci tolse di imbarazzo dicendo: lui è distratto come mio papà, ma gli si può perdonare tutto. Mi aveva denominato come »un importante fattore di localizzazione a Torino», perché, con me, si dibatteva su temi culturali. Una volta, in un discussione intervenne Gianni, con una argomentazione polemica, che a lei pareva fuori luogo; e, con tono scherzoso, gli disse «stai zitto tu, che sei avvocato perché ti sei laureato a Palermo, non a Torino». Gianni non se la prese. Ebbi bisogno dell'aiuto di Marella, quando Craxi nel 1979, a ridosso delle elezioni anticipate, senza che io lo sapessi, mi candidò come capolista del Psi per la circoscrizione Como Sondrio Varese, confidando sul fatto che ero nato a Busto Arsizio, ove ero ben conosciuto e poi avevo vissuto a Sondrio ed ero considerato un valtellinese. Non avevo mai fatto una campagna elettorale, non avevo un budget per le spese. Marella mi offerse il suo aiuto. E, al finanziere Ferdinando Mach, che raccoglieva i fondi elettorali per il Psi, mandò un contributo finanziario, pregandolo di metter a mia disposizione una quota dell'importo, cosa che lui fece. Poi mi disse (mi dava, ormai, del tu): non ti preoccupare, la somma gliela volevo comunque dare, così ho fatto una cosa utile. Le ultime volte che ci siamo visti con Marella fu agli inizi degli anni 2000, nel grande giardino della villa di Villar Perosa, in cui camminava, fra i fiori, lo sguardo un po' triste. Portava dentro il dolore per la morte del figlio Edoardo nel 2000 e di Gianni nel 2003. Poi a contatto solo per gli auguri di Natale con le cartoline con le sue foto di fiori. Ora la ricordo come quando sorridente, nella serra della casa in collina, all'ora di colazione, mi fece gli auguri per la mia vita politica, fra i vasi di piante.

Una principessa che non amava apparire tale.

Commenti